lunedì 30 settembre 2013

Ho fatto plin...alla pasta con il pesto























Che entusiasmo raga!
Impastare, per la prima volta nella propria vita, la sfoglia per una pasta ripiena ed assistere alla perfetta cottura dell'involucro senza vederlo aprirsi e rilasciare il ripieno nell'acqua in ebollizione!!!
E' lo stesso entusiasmo provato con la realizzazione dei pici.
Ed anche questa volta, la ricetta proposta per l'MTC di settembre 2013 è l'agognato prodromo per creare altre paste ripiene che ho in mente da tempo: avevo solo la necessità di rinvenire una ricetta che, pur posta tra le mie inabili mani, fosse idonea all'uso.
Sotto questo punto di vista la partecipazione all'MTC svolge, ogni mese, la funzione di una vera e propria scuola di cucina e se il mio desiderio era porre le basi per  la pasta ripiena, è evidente come io non abbia potuto sottrarmi a questa ennesima prova, nonostante l'impossibilità di farlo nei termini previsti.
La molteplicità degli impegni che hanno affollato il mese di settembre, mi hanno costretta a postare la mia realizzazione oltre la data finale imposta della sfida e, pertanto, fuori gara ma mai come in questo caso, l'importante per me era partecipare senza nessun altro obiettivo se non quello di provare ed apprendere.
La proposta dell'MTC, dunque, mi è stata di grande aiuto: Elisa, con le sue raviole del plin, mi ha dato le indicazioni giuste per ottenere una sfoglia sottile, quasi trasparente ed in grado di consentire la perfetta adesione dei lembi della...raviola.
Ed è così che, per simpatia, ho dato un "pizzicotto" (plin) alla  pasta con il pesto.

Un plin con il pesto genovese.
Il 5 settembre è stata la data di inizio di questa nuova sfida dell'MTC e a me va a capitare di leggere una ricetta idonea all'uso. 
Qualche giorno dopo, vengo invitata nel ristorante dove lavora lo chef autore della ricetta che avevo letto e, tocco finale, uno dei commensali ordina esattamente "quel" piattche io ho potuto assaggiare per gentile concessione del "titolare", assaporandone un altro che avevo richiesto per dare il massimo della soddisfazione alla mia curiosità.
Più di così, cosa volete? Il destino stesso ha voltato a mio favore il suo vento ed io sono una donna... "realizzatrice" ;-) del plin.
"Realizzatrice", prima ancora che "realizzata", perché la realizzazione personale la si scopre, con sorpresa, ogni giorno e solo gli altri possono leggere nel nostro sorriso se lo siamo o meno.
E dopo questo tocco di filosofia spicciola, ecco la ricetta che non è un'invenzione mia ma di Enrico Panero, chef del ristorante Il Marin.
La filosofia che guida la ricetta è presto spiegata.
E' facile, in Liguria e soprattutto a Genova,  trovarsi in tavola un piatto di trenette o di trofie condite con il  pesto ed accompagnate anche da pezzi di patata e fagiolini cotti nella stessa acqua della pasta.
Enrico Panero ha cambiato l'ordine degli addendi: l'involucro di pasta contiene il pesto e la patata  accompagna il tutto, con una consistenza cremosa, insieme ai fagiolini.
 
Raviole del plin con il pesto
 
per la pasta:
g. 200 di farina di grano tenero 0
1 uovo intero (medio)
2 tuorli (medi) (più un po' di albume per dare la giusta consistenza alla pasta)
sale


per il ripieno:
2 mazzi di basilico
g 50 pecorino grattugiato
g 50 parmigiano
g 50 fagiolini
g 25 pinoli
1 spicchio di aglio (tradizionalmente richiesto ma facoltativo)
olio
sale

inoltre:
g 300 patate farinose
g 100 latte
g 100 burro

Questo l'impasto per la sfoglia dal blog di Elisa
ho impastato g 200 di farina secondo la ricetta di Elisama avevo solo uova medie, quindi per ottenere la giusta consistenza della pasta, ho aggiunto all'uovo intero ed ai 2 tuorli, anche qualche cucchiata di albume.
Mettere la farina a fontana e rompervi all’interno le uova. Mescolare le uova e la farina partendo dall’interno e incorporando, poco per volta, la farina. In genere io aggiungo all'impasto anche un pizzico di sale.

Impastare per una decina di minuti con i palmi delle mani finché si ottiene un composto liscio e compatto. Coprire con pellicola alimentare e far riposare per una trentina di minuti.
 

Per il ripieno
Porre nel mixer il basilico unendovi anche l'aglio, il parmigiano, il pecorino, i pinoli ed un goccio di olio.
Non aggiungere troppo olio poiché il pesto deve risultare di una consistenza piuttosto densa per poterlo utilizzare all'interno delle raviole.
A tale scopo, raccogliere il pesto in una scodella, amalgamandolo con il mascarpone. Aggiungere, eventualmente, ulteriore parmigiano e pecorino per ottenere la consistenza idonea all'uso cui è destinato.
Riporre la scodella con il ripieno in frigorifero e procedere a stendere la sfoglia.
Tagliare pezzi di pasta e, che si scelga di usare la macchinetta o il mattarello, tirarla molto sottile.
Onde evitare che il panetto di impasto si secchi, mantenere la parte non ancora utilizzata, dentro la pellicola
Con l’aiuto di uno o due cucchiaini formare delle piccole palline di ripieno (grosse all'incirca come delle nocciole) e disporle sulla sfoglia, a poca distanza l’una dall’altra.
Piegare la sfoglia e pizzicare la pasta tra una pallina e l’altra.

Dopodiché tagliare i ravioli con la rotella, partendo dalla parte chiusa e muovendosi verso i due lembi sovrapposti.

 
 

Dopo aver proceduto a riempire una sfoglia, riporre la scodella del ripieno in frigorifero.
Stendere le raviole già pronte su un vassoio di cartone rivestito di carta forno e riporre anche queste in frigorifero, nell'attesa di prepararne altre.
Ultimato il lavoro, riporre il vassoio con le raviole ripiene di pesto nel congelatore.



Sbollentare i fagiolini, dividerli in due per la loro lunghezza e metterli da parte.
Bollire anche le patate e, una volta cotte, sbucciarle e schiacciarle con l'aiuto di una forchetta.
Scaldare il latte facendovi sciogliere anche il burro ed amalgamare il liquido ottenuto alla purea di patate aggiungendo, se ritenuto necessario, poco sale.

Portare a bollore l'acqua per la pasta e buttarvi le raviole, scolandole quando sono pronte.
Non aggiungere sale all'acqua in ebollizione, poichè il pesto è già abbondantemente saporito.

Predisporre i piatti con le raviole, alcuni fagiolini ed una quenelle di patate.
Condire con un filo d'olio e parmigiano.


Questa sarebbe stata la mia partecipazione all'MTC del settembre 2013, se fossi riuscita a realizzare questo piatto nei termini previsti dalla sfida

banner mtc 32



 


domenica 15 settembre 2013

Eliche al ragù di polpo ubriaco


Tra settembre e dicembre il mar Mediterraneo è nuovamente ricco di polpi e quindi, anello di congiunzione tra la fine delle ferie e l'inverno che ci attende,  questo ragù con il polpo mi pare il giusto modo per cominciare a entrare nell'ordine di idee che...non c'è niente da fare: tutte le attività riprendono ed il tempo corre veloce e domattina la città sarà bloccata per l'inizio del nuovo anno scolastico...
Stiamo dunque entrando, a pieno regime, in quella che mi piace definire la "prima fase" dell'anno: quella, cioè,  che da settembre conduce alle feste natalizie ed anche il nostro palato è pronto ad accettare sapori un po' più marcati.
Il problema è che, terminate le feste natalizie, il completamento della "seconda fase" dell'anno che, per il mio "sentire", si conclude con la Pasqua, quest'anno ci farà sospirare.
Per chi non fosse informato, infatti, la notizia ferale è che, nel 2014, celebreremo la Pasqua cristiana, il 20 aprile! Ed il percorso, a guardarlo da lontano, appare molto lungo, purtroppo.
Da quel momento, nella testa di ciascuno di noi, inizieranno "le grandi manovre" in vista dell'estate. Ma per adesso siamo qui, ai blocchi di partenza e dobbiamo pedalare.
Meglio farlo corroborati da questo piatto davvero gustoso. 

Ragù di polpo ubriaco
Ingredienti (per 4-5 persone)
gr 500 pasta corta
gr 1200 c.a polpo
ml 300 di vino rosso
3 pomodori ramati
sedano
cipolla
carota
erba cipollina
timo
basilico
sale
1 peperoncino secco (facoltativo)
 
Preparato un trito sottile con sedano, carota e cipolla, metterlo a "sudare" in un tegame a fondo spesso poggiato su fiamma molto bassa unitamente ad un giro d'olio.
Quando le verdure si saranno ammorbidite, alzare la fiamma e rosolarvi il polpo a cominciando dai tentacoli; continuare la rosolatura fin quando l'intero mollusco abbia raggiunto il classico colore rosato.
A questo punto, annaffiare il mollusco con tutto il vino previsto, aggiungendo anche un pizzico abbondante di timo ed uno di erba cipollina.
Abbassare la fiamma al minimo e portare il polpo a cottura, mantenendo il tegame chiuso con il coperchio.
Nell'attesa, spellare i pomodori e ridurli in dadolata.
Quando le punte della forchetta, inserite tra il corpo del polpo e la base dei tentacoli, entreranno senza opporre resistenza, il polpo sarà cotto.
Togliere il Mollusco dal tegame aggiungendo in quest'ultimo, i pomodori, il peperoncino ed un po' di sale, se ritenuto necessario.
Alzare nuovamente la fiamma facendo ridurre il liquido che si sarà formato con la cottura del polpo.
Quando il sugo darà segni di essersi leggermente addensato, tagliare a tocchetti il polpo senza pulirlo troppo dalla pelle e dalle ventose e versare la dadolata ottenuta, nel tegame.
Cuocere la pasta e condirla con il ragù ed un'abbondante spolverata di basilico.

Per non pasticciare troppo il piatto, ho condito la pasta con poco sugo. Troppo poco!

n.d.r.: mille trucchetti si rinvengono sul web per ottenere un polpo morbido, compreso il turacciolo di sughero messo in pentola insieme al mollusco.
Chi lo mette nell'acqua salata, chi bandisce il sale dalla cottura.
Io tendo a non credere a niente di tutto ciò che leggo, mi pare sensato non aggiungere sale perché il polpo, di per sé, è già salato.
Accetto solo il suggerimento di congelare il polpo acquistato, prima di cuocerlo dopo averlo nuovamente scongelato: "trucchetto" sensato ai fini di sfibrarne le carni.
Posso tuttavia dirvi che, avendo ordinato il mollusco al mio pescivendolo di fiducia nella giornata di mercoledì ed avendolo ritirato il giovedì a mezzogiorno, per una cena da svolgersi in quella stessa sera,  non ho avuto il tempo di procedere alla preventiva operazione di congelamento e scongelamento.
A meno che il pescivendolo non mi ha venduto un polpo decongelato....è sicuro che nessuno ha provveduto a sfibrarlo e lui (il polpo) era morbidissimo. Ancor più morbido di altro precedentemente acquistato dal banco dei surgelati, per una prima prova di questa stessa ricetta. 
Ho fatto una gran fatica a non mangiarmi tutto il polpo, mentre lo tagliavo a tocchetti per metterlo nel sugo.
A mio giudizio, il trucco vero sta nel cuocerlo su fiamma bassissima, lentissimamente, in una pentola adeguata (meglio ancora se di coccio)

Un saluto da Giulietta

 

martedì 10 settembre 2013

Anche un pesce bollito...con salsa, può mettere allegria.


Quando ero bambina, nel chiedere di organizzare una festa per il mio compleanno, alla quale invitare le "amichette", mi fu spiegato che la data del 27 luglio sarebbe stata del tutto inopportuna perché eventuali invitati sarebbero stati facilmente in vacanza, senza contare che  le temperature non avrebbero consentito l'agevole organizzazione dell'evento.
Tale poco allegra prospettiva, per quanto destinata ad incidere su tutti i compleanni della mia esistenza, mai ebbe a demoralizzarmi perché, con il sopraggiungere dell'età scolare, scorsi subito un evidente ed innegabile vantaggio: il 27 luglio io sarei stata sempre in vacanza e, dunque, in perenne stato di festeggiamento, mentre molti dei miei amici, nel giorno del loro compleanno, si trovavano addirittura costretti ad andare a scuola, cosa ai miei occhi del tutto sconsiderata ed assurda.
Dunque, la fortunata ero io, non gli altri :-)
Questa prospettiva mi ha sempre messo allegria!
La soddisfazione, per la verità, permane anche oggi. Se, infatti, può accadere che nel giorno del mio compleanno, io sia impegnata nel lavoro, è pur vero che, sul finire del mese di luglio, soprattutto nella mia attività professionale, i ritmi lavorativi siano in netto rallentamento e tutto si svolga in un clima di sorridente serenità.
Dunque, il 27 luglio si può e si deve festeggiare.
Ora che sono adulta...all'organizzazione delle feste (al plurale!) ci penso io!
Invero l'ambigua fortuna della fatidica data, quest'anno si è  palesata con maggior evidenza visto che il 27 luglio cadeva addirittura di sabato, con grave appesantimento della situazione.
Nonostante ciò, per non smentirmi, con estrema determinazione, ho voluto oppormi ad ogni rischio di oblio, "indicendo" la cena del mio compleanno con netto anticipo rispetto alla data canonica, previa emissione di regolare "grida" di manzoniana memoria (non sto scherzando :-D: della serie, cosa non si fa per "intrigare" i nipoti! ;-),  onde dribblare le partenze di tutta la famiglia, nipoti in primis. 
...E non preoccupatevi che mi sono successivamente rifatta con altre cene ed altri amici.
Tornado al festeggiamento familiare, ho dovuto tener conto della calura estiva e, per non ammorbare me stessa e gli altri con il caldo infernale prodotto dalla cottura dei cibi, ho imbandito una tavola  per sei persone, con alcuni piatti freddi.
 
Questo il menù:
gazpacho andaluso accompagnato da verdurine e da queste cialdine di pane
nasello e verdure bollite accompagnate da maionese al basilico e dalla  salsa Balkanaise di M. Roux (che oggi vi propongo).
Cake semifreddo all'albicocca ed amaretto...che, pur essendo di una bontà inaudita, non vedrete sin quando non saranno state eliminate le defajances che, a mio giudizio, presenta ;-)

Per oggi, dunque, accontentatevi della salsa Balkanaise di M. Roux che ben ha accompagnato tanto le verdure quanto le setose ed aeree polpe di un nasello freschissimo da Kg 2,100, bollito con un'oretta di anticipo rispetto alla cena e lasciato a raffreddare nella sua acqua.

P.S. Il nasello non è presente in foto perché non ne era rimasto neppure un bocconcino, la leggerezza del menù ha, infatti, permesso il consumo integrale di tutte le portate, senza lasciare il gravoso strascico della eliminazione degli avanzi.
...e comunque immagino sappiate quale sia l'aspetto di un pesce bollito ;-)


Salsa Balkanaise di M. Roux

Ingredienti
1 tuorlo sodo
1 tuorlo crudo
gr 300 yogurt bianco
1 buon pizzico di wasabi in polvere (io, 1/2 cucchiaino di rafano in crema)
1 limone (io, mezzo)
sale

Ricetta originale (copia-incolla): Passate al setaccio il tuorlo sodo versandolo in una ciotola capiente. Aggiungete il tuorlo crudo e poi la senape. Con una piccola frusta lavorate tutti gli ingredienti per amalgamarli bene.
Mentre sbattete incorporate gradualmente lo yogurt al composto come fareste per una maionese. Quando sarà ben amalgamato aggiungete il wasabi , il succo del limone e salate a piacere. Coprite con la pellicola mettete in frigorifero fino al momento di servire: si conserva sino a tre giorni.

la mia versione: Ho messo in una pentola due uova, uno l'ho tolto dopo tre minuti dall'ebollizione (tuorlo alla coque), l'altro dopo 10 minuti (tuorlo sodo).
Mentre le uova cuocevano, ho spremuto il limone
Con l'aiuto di una forchetta ho schiacciato il tuorlo sodo, unendovi anche quello alla coque e la senape. Ho lavorato con la frusta unendo gradualmente lo yogurt, il rafano in crema, il succo del mezzo limone ed ho salato.
Quindi. ho riposto tutto in frigorifero, in attesa di servirmene all'ora di cena.

n.d.r.
a) Anche le verdure (carote, zucchine e patate) erano state bollite separatamente e con un po' di anticipo rispetto all'ora della cena e, quindi, servite a temperatura ambiente.
b) E' ovvio che una salsa di tal genere possa essere utilizzata anche durante l'inverno con cibi caldi.

Spero che la semplicità di questa ricettina risulti idonea ad accompagnare la lenta ripresa delle attività del blog e l'inesorabile ripristino degli orari lavorativi, nonostante il permanere della calura estiva.
Giulietta



 
 
 

lunedì 2 settembre 2013

Tradizioni di famiglia: i pomodori ripieni di riso



Il post di oggi, a riapertura dell'anno di attività, potrebbe giungere lievemente in ritardo rispetto alla stagione, ma ho deciso di pubblicarlo ugualmente perché conosco il desiderio di alcuni amici di entrare nei "reconditi segreti" di questo piatto che, per la modalità di cottura del ripieno, stupisce chi non lo conosce.
Trattandosi di una ricetta regionale, tipica della cucina maremmana tosco-laziale, sul web è possibile rintracciare una infinità di post dedicati a questa preparazione.

La versione che, nonostante ciò, vi propongo è eretica perché tradizione vuole che i pomodori con il riso, siano cotti in forno, solo che...
In casa mia li faceva mia nonna durante la coabitazione estiva al mare ovvero quando nessuno aveva voglia di fare esperienza di un forno acceso all'interno di una cucina lunga e stretta, con 30°-32° C all'esterno, magari accompagnati anche dall'umidità. 
L'utilizzo di questo elettrodomestico avrebbe inevitabilmente determinato la "morte per squagliamento" della cuoca e, a proseguire, di tutti coloro che, rientrando dalla spiaggia, avessero messo il naso tra le mura domestiche.
Ad un certo punto della nostra comune convivenza, scoprimmo anche che il forno si era rotto ma nessuno pianse: la tradizione dei pomodori ripieni di riso, sarebbe rimasta intatta...
Il fatto è che avevamo sperimentato che la cottura dei pomodori ripieni di riso avrebbe potuto avvenire con esito positivo anche sui fornelli e, a tutt'oggi, permane in famiglia la medesima abitudine, atteso l'istituzionale "blocco" dell'accensione del forno (ormai nuovo ma ancora inutilizzato) da giugno a settembre.
Orbene, poiché non ci si può sentire legittimati al superficiale superamento delle tradizioni, vista l'alta probabilità che attenti "naviganti" del web si "infiammino" nel rinvenire indicazioni e metodi poco "ortodossi", lo ripeto: tradizionalmente i pomodori ripieni di riso si cuociono in forno, ciò non toglie che io ne abbia da tempo sperimentato la cottura sulla fiamma del fornello a gas.
A mia discolpa posso testimoniare di aver raccolto tale proposta di cottura alternativa (ed esplicitamente, quale alternativa alla cottura in forno), all'età di quattordici anni, quando venne suggerita a mia nonna, dalla propria e parecchio più anziana cognata (laziale-tolfetana doc).
A tal punto, in considerazione della data di nascita delle due principali protagoniste (nonna e sorella di mio nonno) di quello "storico incontro", mi parrebbe lecito affermare che trattasi di una modalità di cottura che avrà, minimo, un centinaio di anni e che in questi quasi 40 anni di sperimentazione, non ci ha mai delusi.
 

Pomodori ripieni di riso
Ingredienti (per 4 persone)
6 pomodori ramati
gr 200 riso originario
2-3 patate
2 spicchi aglio
1 mazzetto basilico
origano
sale
pepe
olio
Appena dopo pranzo, prima di chiudere la cucina in attesa dei preparativi per la cena, lavare  i pomodori, incidendoli al centro per eliminare il picciolo, quindi togliergli una calotta superiore in modo da rendere agevole lo svuotamento della parte inferiore che servirà da contenitore per il riso.
Senza incidere le pareti di ogni singolo pomodoro, svuotarlo raccogliendo polpa e semi in una ciotola, quindi riporre ogni pomodoro a testa in giù, su un tagliare o su un piatto, affinché perda i liquidi, conservando le singole calotte che serviranno da coperchio.
Unire al sugo e alla polpa dei pomodori, un cucchiaio di riso crudo per pomodoro (dunque sei cucchiai), oltre ad un cucchiaio o due in più, per abbondare un pochino.
Insaporire il ripieno con il basilico spezzettato con le mani e l'aglio tritato, condendo il tutto con abbondante sale, pepe, un pizzicone di origano e olio.
A questo punto, la ciotola con la polpa dei pomodori dovrà essere riposta in frigorifero per 3 ore circa, permettendo al riso di gonfiarsi, insaporendosi.
Trascorso il tempo necessario, ungere con un giro d'olio una teglia che contenga i pomodori consentendogli di sostenersi l'uno con l'altro, senza che si accascino su un lato; dopo aver salato l'interno di ogni singolo pomodoro, salare anche la calotta e riempire a filo ogni "ciotola" con il composto rimasto a riposare in frigorifero.
Pelare le patate, tagliarle a fette dello spessore di circa 5-7 mm. ed inserirle negli spazi rimasti vuoti tra un pomodoro e l'altro.
A questo punto sarà possibile procedere alla chiusura dei pomodori appoggiandovi sopra la loro calotta senza tuttavia dimenticare di dare un'ulteriore spolveratina di sale, pepe e olio utile ad insaporire anche e soprattutto le patate.
Versare nella teglia, il ripieno che fosse eventualmente avanzato e porre la teglia su fuoco medio/basso, ponendovi sopra un coperchio. 
I pomodori saranno pronti alla cottura del riso.
Spegnere il fuoco e lasciar intiepidire. Sono ottimi anche (e soprattutto, a mio giudizio) a temperatura ambiente.
Servire i commensali con un pomodoro accompagnato da qualche fetta di patata.

n.d.r.
a) Avete capito bene: questa ricetta è tutta a crudo. Non vi sono ingredienti precotti, men che meno, il riso
b)  In Toscana esistono, negli orti di certi contadini e sui banchi di pochissimi commercianti, i c.d. "pomodori da riso" da considerarsi, tuttavia, quasi introvabili; vuoi perché, un anno, ha piovuto troppo; vuoi perché, un altro, sono terminati (credo abbiano una stagionalità brevissima), penso di poter contare le volte nelle quali li abbiamo utilizzati, sulle dita di una mano.
Anche in questa occasione non ho avuto molte altre alternative che adattarmi alla loro sostituzione con i "pomodori ramati", alternativa sufficiente purchè siano maturi ma belli sodi. Se sono grossi ne va calcolato uno e mezzo a testa, altrimenti due.
c) Le patate hanno un saporino da urlo. Quando eravamo bambini, chiassosi alterchi aventi ad oggetto una fettina di patata, venivano prevenuti predisponendone un letto sul fondo della teglia sul quale, poi, erano collocati i pomodori ;-).
E non crediate che oggi sia diverso: tocca litigare tra adulti...
d) Il sapore è dato dal condimento, quindi siate generosi. L'ultima volta ho avuto timore di eccedere e, a metà cottura, ho dovuto aggiungere un po' di sale, alzando leggermente le calotte dei pomodori in cottura, perché il riso avrebbe corso il rischio di essere insapore. Fifa!....In casa siamo facili al linciaggio culinario! :-)
e) Avviso per i liguri e residenti in Liguria. Così come per il pesto genovese, il giusto equilibrio è dato dal basilico ligure (meglio ancora, genovese, di Prà), allo stesso modo, in questa ricetta, il top del sapore lo si raggiunge con il basilico del luogo.
Ho realizzato questo piatto anche a Genova, ma  ho dovuto utilizzare basilico ligure in abbondanza.
f) Butto lì un'idea che mi ha colto in questo momento: e se accompagnassimo questo piatto con la maionese al basilico che ho utilizzato per questa insalata????  Il rischio è quello di alterarne il tradizionale sapore ma per chi non ne ha un ricordo marcato come il mio, la salsa potrebbe aggiungere un tocco di modernità alla preparazione.

Beh, ve lo dico: mi piace molto la foto di questo post perché mi ricorda tutti i colori ed i sapori dell'estate.
Vediamo di non soffrire troppo per la ripresa del lavoro!
Giulietta