lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale!

 
 
Vi sembra che io possa esimermi dal fare gli auguri anche da questa "finestra"? Non sia mai!!!
Sono in ritardo perchè affaccendata nei preparativi dei due pranzi con i quali, da tempo immemore, accogliamo la famiglia ampiamente intesa, sia per il giorno di Natale che per la festività successiva, il 26 dicembre.
La tradizione della cena della Vigilia non è mai stata coltivata e la ragione è presto detta.
Eccezion fatta per il tempo nel quale erano ancora vivi i miei bisnonni, Genova è stato il luogo di incontro anche per i familiari "non residenti", essendo il Natale l'occasione per abbracciare genitori anziani e nonni che quì vivevano.
Agevolare tutti nel viaggio, evitando loro partenze frettolose e rientri immediati, è dunque all'origine della scelta di festeggiare il giorno di Natale e quello di S. Stefano, con omissione della cena del 24 dicembre.
Ciò non toglie che ....mi urga la gioia di fare gli auguri per un
 
Natale Sereno
 
a tutti coloro che, di tanto in tanto, si affacciano al mio blog per scoprire quale la novità che abbia, per l'ennesima volta, suscitato il mio sorriso.
Questo giorno sia un momento di Pace nonostate le difficoltà, le amarezze ed i dolori che potrebbero non essere mancati nel corso dell'anno.
Un bacio a tutti!
Giulietta





martedì 11 dicembre 2012

Rotolo all'arancia amara ....per "golosi accorti" (Menù leggerezza)

    


Il cannone che vi si propone con "volto minaccioso", da questo blog, è soltanto una brutta foto di un innocuo dolce.
Innocuo perchè, se per propria natura ogni dolce è dotato di molteplici ed oltre ;-) calorie, questo è, al contrario, leggerissimo ed altamente digeribile perchè privo di burro (anche se non di latticini).
L'ondata di dolci di stampo anglosassone attualmente invasiva delle mense nostrane in occasione di pranzi spesso organizzati per fare festa, seppur accattivante, crea sconforto e rende difficile la vita un po' a tutti ma i più colpiti sono i "golosi accorti".
Chi sono i "golosi accorti"?
Sono coloro che amano i dolci ed amandoli non si accontentano di mangiarne un pezzettino, vogliono veder troneggiare nel  proprio piatto una bella fetta di torta con il piacere di poter pensare che... "vabbè, dai, faccio uno strappo e ne prendo un altro pezzettino!".
Con le torte anglosassoni i "golosi accorti" soffrono pene indicibili perchè incastrati nella stretta logica che richiede la limitazione delle quantità per ottenere un apporto calorico non strabordante.
Questo è un dolce per "golosi accorti": no burro, no panna e digeribilità plausibile anche al termine di una cena.
Fatta questa premessa vi annuncio ufficialmente che avendo imparato a fare la meringa italiana (ovvero, la meringa cotta) ed apprezzandone l'utilizzo per la realizzazione della crema chiboust che altro non è se non un composto di meringa italiana e crema pasticcera,  ho deciso di farne un uso pressochè illimitato e cercherò di utilizzarla il più possibile, in tutte le più diverse declinazioni e....dolcificazioni.
Il problema fondamentale della meringa italiana è che ha bisogno di un'alta percentuale di zucchero.
Partendo infatti da una ricetta base che ne prevede una quantità pari al doppio del peso dell'albume, è possibile ridurne l'entità solo in maniera limitata poichè al di sotto di una certa soglia......la meringa si smonta (esperienza personale dovuta ad un errore di calcolo.....).
A tal punto non resta che limitare la dolcificazione dell'ingrediente che si vuole abbinare alla meringa.
In questo caso, avendo proceduto alla realizzazione di una meringa italiana con dose classica (quantità di zucchero pari al doppio del peso dell'albume) e volendola incorporare alla ricotta, ho deciso di utilizzare quest'ultimo ingrediente al naturale. Scelta necessaria onde evitare una stucchevolezza altrimenti ineludibile.
Nonostante l'accortezza utilizzata, l'errore di elaborazione in questo dessert c'è: seguendo la pigrizia probabilmente dovuta anche alla fretta, non ho aggiunto quei grammi di gelatina che avrebbero mutato il volto del dolce.
Sbagliando ho ritenuto che la ricotta, nel raffreddarsi, avrebbe solidificato l'intera farcia.
Valutazione del tutto erronea: sin quando il rotolo è stato in frigorifero, tutto è andato bene, poi....a temperatura ambiente, la crema ha ceduto.
Se avessi aggiunto 2 gr di gelatina ogni 100 gr di farcia, quest'ultima avrebbe avrebbe avuto una consistenza assai più gradevole alla vista.
C'è poco da fare....anche l'occhio vuole la sua parte ed è una legge alla quale non ci si può più sottrarre!
Sappiatelo: dopo essere stata a Parigi e dopo aver visto vetrine scintillanti di dolci altrettanto scintillanti e perfetti, con creme ed abbinamenti che anch'io, con un pochino di impegno, potrei riuscire a realizzare, la mia autostima è caduta tanto in basso che non so come farò ad essere soddisfatta di qualsiasi cosa io possa elaborare in futuro, attesa l'assoluta insufficienza delle mie presentazioni.....
Ovvero: potrebbe esserci la sostanza ma manca la forma e, per un dolce, non è poco!

Rotolo all'arancia amara

Ingredienti (per 6-8 persone)
per il biscuit
4 uova medie
gr 120 burro
gr 60 farina 00
gr 60 mandorle in polvere
1 pizzico di sale

per la meringa italiana
200 gr. di zucchero
40 gr. di acqua
100 gr. di albumi

per la farcia
gr 300 ricotta
gr 300 meringa italiana
3 cucchiai di marmellata di arancia amara
gr 6 colla di pesce (gelatina in fogli)
gr 40 latte
scorza di mezza arancia

La meringa italiana: mentre montano gli albumi con 40 gr. di zucchero, in un pentolino far cuocere il rimanente zucchero (gr. 160) con l'acqua e portarli a 121° (io utilizzo un termometro).
Lo sciroppo ottenuto va quindi versato a filo sugli albumi già leggermente montati. Continuare a sbattere con la frusta elettrica o con la planetaria sin quando il composto non sia giunto a temperatura ambiente.
E' possibile preparare la meringa con ampio anticipo poichè si conserva tranquillamente in congelatore sino al giorno della sua utilizzazione.
 
La farcia: idratare i fogli di colla di pesce nell'acqua fredda.
Diluire un cucchiaio o due di ricotta con il latte e scaldare il composto sul fuoco senza portarlo a bollore.
Spengere la fiamma ed incorporare un foglio alla volta di gelatina dopo averlo strizzato dall'acqua nel quale era immerso.
Unire a filo ricotta e gelatina al resto del formaggio (a temperatura ambiente) mescolando bene per evitare grumi. 
A questo punto amalgamare la meringa alla  preparazione di ricotta e gelatina. 
 
Il biscuit: preriscaldare il forno a 180°.
Separare i tuorli dagli albumi. Sbattere i tuorli con lo zucchero sino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Aggiungere poco alla volta la farina e le mandorle in polvere. In un'altra ciotola montare a neve ben ferma gli albumi aggiungendo un pizzico di sale ed incorporarli, in due tempi, alla preparazione di tuorli e zucchero.
Versare in una teglia rettangolare a bordi bassi rivestita con un foglio di carta forno. Infornare per 12-15 minuti.
A questo punto è necessario togliere dalla teglia il biscuit....:-)
Inumidire un canovaccio da cucina e preparare un foglio di carta da forno della stessa dimensione di quello messo nella teglia.
Prelevare il biscuit insieme al suo foglio di cottura, depositarlo sul canovaccio umido e coprirlo con l'altro foglio di carta da forno.
Riavvolgere il biscuit insieme ai fogli di carta forno ed al canovaccio, lasciando che la pasta si inumidisca per 5 secondi, quindi srotolare il tutto.
Arrotolare nuovamente il biscuit lasciando disteso il canovaccio ma staccando con delicatezza il foglio di cottura e porre la pasta su una gratella a raffreddare.
A questo punto stendere la marmellata di arance sul dolce e coprire il tutto con la farcia realizzata.
Arrotolare il biscuit  ed avvolgere il rotolo nella pellicola lasciandolo riposare in frigorifero per almeno un'ora. 
Togliere dal frigorifero e tagliare a fette.
 
Anch'io ho provato alcuni minuti di smarrimento nel leggere la  "procedura" di arrotolamento e srotolamento del biscuit ma posso assicurare che è più facile a farsi che a dirsi....
 
Ed ora....divertitevi ;-)
Giulietta
 
 
 
 
 













 
 
 
 

lunedì 3 dicembre 2012

Petto di pollo alla feta in salsa di capperi e miele.(Menù leggerezza)

 
 
Ogni tentativo di replicare una ricetta ha una propria genesi ed un suo percorso talvolta torturato, talaltra, invece divertente e sereno perchè non accompagnato dalle ansie da performance che caratterizzano la consapevolezza di dover quanto prima utilizzare quella portata per una cena con ospiti.
Orbene, la realizzazione della ricetta odierna nasce dall'esclusivo desiderio di provare qualcosa di nuovo senza finalità diversa da quella di cucinare in una domenica di piena ed intima tranquillità.
Nel corso di una gita a Milano, infatti, non avevo saputo sottrarmi alla smania di ricerca di libri di cucina, dal conseguente compulsivo acquisto e dalla lettura quasi immediata del volume, nel corso del viaggio di rientro in treno.
Il testo è "Sale & Pepe" di Jody Vassallo ed. Guido Tommasi che mi ha incuriosita per le particolari proposte di facile realizzazione, caratterizzate dall'uso del......sale e del pepe.
L'idea appare furbetta ma con la finalità di accompagnare il lettore alla scoperta dell'utilizzo di quella smisurata varietà di sale e di pepe, tanto di moda attualmente, l'autrice propone una serie di ricette accattivanti, semplici e dal sapore etnico senza eccesso.
E' così che, per il pranzo in famiglia della domenica successiva, ho preparato questa pietanza che ha avuto il merito di far elencare immediatamente una serie di possibili invitati ai quali, una portata di questo genere, potrebbe risultare gradita.
Un limite il libro lo ha.... Se non si usa il cervello, adattando i passaggi alla propria quotidiana esperienza, si rischia di finire in un percorso che non si sa dove possa condurre.  
 
In questo caso l'autrice esorta il lettore all'incauto (o da me non compreso....) acquisto di ben quattro petti di pollo e a realizzare in ciascuno di essi una tasca ma....io, francamente, non solo in quel momento non avevo un petto di pollo intero ma non sono stata neanche in grado di capire come sia possibile servire ad ognuno dei quattro ipotetici commensali, un petto di pollo intero....sebbene "tascamunito" ;-)
Pertanto con aria umile ma sicura di poter ottenere un qualche ragguaglio, mi sono rivolta alla pollivendola di fiducia, chiedendole se avesse la possibilità di farmi una tasca in un unico petto di pollo.
Quella, genovese sino al midollo, mi ha squadrata con aria dapprima esterefatta, poi, con l'espressione di chi pensa: "queste stranezze non sono genovesi...", mi ha chiesto cosa dovessi fare.
A spiegazione da me delineata con sicurezza ed alla faccia del suo sguardo al limite del beffardo, io, per tagliare la testa al toro e per non rischiare di essere depennata per sempre dalla lista dei suoi clienti, ho sintetizzato: "....va beh.... farò degli involtini". 
In questo modo ho posto fine ad un imbarazzante confronto che non avrebbe portato alcun conforto alle mie perplessità.  
Una volta a casa ho proceduto cum grano salis....è proprio il caso di dirlo!
....Però è venuta fuori una pietanzina leggera ed agrodolce che proporrò sicuramente a qualche ospite....anzi l'ho già proposta a fratello e nipoti con esternazioni di gradimento.
 
Petto di pollo alla feta in salsa di capperi e miele
 
 
 

 
Ingredienti per 2-3 persone:

4 fette di petto di pollo
gr. 100 di feta
un pizzico di origano
un cucchiaio di scorza di limone grattugiata
2 cucchiaini di olio
pepe

per la salsa:
1 cucchiaio di olio di oliva
30 gr. di burro (io non l'ho usato: ho messo un pochino più di olio)
1 spicchi di aglio
una manciata di capperi salati
ml 100 di aceto balsamico (la ricetta originale prevedeva ml 250 di verjus)
2 cucchiaini di miele (io, acacia)

Con il batticarne assottogliare le fette di petto di pollo. 
Dedicarsi alla farcia: in una scodella sbriciolare la feta aggiungendo un pizzico di origano, la scorza grattugiata del limone, l'olio ed una spolverata di pepe (in qiesto caso non era specificata la provenienza ;-). Non è richiesta l'aggiunta di sale perchè la feta è saporita per sua stessa natura.
Spalmare la farcia sulle fette di pollo e arrotolare formando quattro involtini che fermerete con l'aiuto di uno stuzzicadenti.
Dedicarsi, ora, alla salsa: dissalare i capperi e spellare l'aglio.
In un pentolino versare un po' di olio e quindi, mantenendo la fiamma bassa, farvi rinvenire per due minuti i capperi e l'aglio precedentemente preparati.
Aggiungere, a questo punto, l'aceto balsamico e due cucchiaini abbondanti di miele. Lasciar sobbollire a fuoco medio il composto sino a che si riduca alla metà. Serviranno circa 10 minuti.

Scaldare in una padella un po' d'olio (ed una noce di burro); farvi rosolare gli involtini precedentemente preparati.
Abbassare la fiamma e portare a termine la cottura.
Impiattare irrorando con la salsa.

n.d.r. a) Dopo la rosolatura in padella sulla fiamma, la ricetta prevede di trasferire i petti di pollo in una teglia, portando a termine la cottura in forno per 10 - 15 min. 
Io ho preferito lasciar cuocere gli involtini in padella su fiamma moderata ed incoperchiati. Sono risultati teneri;
b) se un giorno, senza fare estenuanti ricerche, dovessi casualmente imbattermi in una bottiglietta di verjus, lo acquisterò per provarlo con questa ricetta.
Comincio da ora ad augurarvi buone feste!
Giulietta



 

sabato 24 novembre 2012

Crema carote e curcuma con il "tocco" di C. Cracco.(Menù leggerezza)

 
 
Alcuni giorni fa, entrata da Feltrinelli, mi dirigo come mio solito, agli scaffali dei libri di cucina e tra le varie proposte noto anche l'ultimo e probabilmente anche il primo libro dello chef Carlo Cracco.
Diciamolo: l'uomo sarà anche bello ma, a mio giudizio, non brilla per simpatia, per cui prima di assumere l'iniziativa di sfogliare le pagine del volumetto, ho dovuto proprio accertarmi che non vi fosse niente in grado di suscitare il mio interesse.
Stavo, dunque, per scendere le scale dando per scontata l'inutilità della visita, quando un misto di curiosità e scetticismo hanno stancamente condotto la mia mano a sollevare una copia del libro ed a sfogliarlo con opaco interesse.
Cosa mi ha improvvisamente fatto cambiare idea?
Il libro è un misto tra accenni di vita personale e ricette semplici: si parte da alcune indicazioni di base attraverso vere e proprie lezioni di cucina, si prosegue con l'indicazione di una determinata ricetta ed al termine viene aggiunto "il tocco dello chef" in grado di far brillare di luce nuova piatti che, ad una veloce scorsa, possono apparire scontati.
Insomma, non si tratta della solita raccolta di ricette da chef, dai nomi carichi di  straordinarie promesse ed elaborate con una creatività spesso inarrivabile ma di un nuovo modo, molto moderno ed intelligente, di riproporre ricette che se non sono della nonna, hanno ormai spazio nella elaborazione culinaria di chiunque nutra un minimo di interesse per la cucina e cerchi di praticarla.
La "lezione di cucina" dissipa dubbi e risponde ad interrogativi che talvolta si pongono di fronte ad eventuali errori e fallimenti ed il "tocco dello chef" ridona novità, attualizzandoli, a piatti che potrebbero andare incontro ad un lento abbandono.
Insomma mi è piaciuto, l'ho comprato e l'ho letto.
Tra quelle pagine mi ha incuriosito ed affascinato un "tocco": l'accoppiamento di carote e curcuma.
Il libro contiene una ricetta di crema di carote dalla quale mi sono del tutto distaccata nel desiderio di ottenere qualcosa di un pochino più saporito  rispetto a quanto mi è parso emergesse dalle indicazioni di Cracco ma non mi sono sottratta all'aggiunta della curcuma che non avevo mai provato in vita mia.
Chiedendo in giro mi sono state date indicazioni su dove avrei potuto acquistare questa spezia e, una volta trovatala, mi sono detta che se la curcuma ha raggiunto Genova, significa che non è proprio più possibile sottrarsi alle "contaminazioni" esotiche subite dalla cucina negli ultimi venti anni.
Inutile, la classe di uno chef non è acqua: una spolverata di curcuma è in grado di rendere questa ricetta semplice e dal sapore quasi banale, un piatto davvero interessante e tale da poter essere preso in considerazione per una cena tra amici raffinata e leggera.
Quella che vi indico non è neanche lontanamente la ricetta di Cracco ma solo una mia personale elaborazione, frutto di spicciola ed elementare esperienza.  
Da Cracco ho tratto solo l'idea di aromatizzare la crema con la curcuma (lui fresca, io.... in polvere) e se non avessi avuto il libro, non avrei mai potuto pensarci.
 

Crema di carote e curcuma

Ingredienti (per 4 persona).
500 gr carote
1 scalogno
1 porro di media grandezza
500 ml acqua
sale
olio
20  gr burro
50 ml panna
2 gr curcuma in polvere
200 gr di filetto di nasello

Tagliare a rondelle sottili le carote ed il porro e metterli da parte.
Bollire il nasello.
In una pentola larga e dai bordi alti, versare un po' di olio e la noce di burro facendovela sciogliere a fuoco dolcissimo.
Aggiungere lo scalogno tritato finemente sino a farlo stufare sempre mantenendo il fuoco bassissimo.
A questo punto versare nella pentola le fettine di carota e porro e lasciare che si insaporiscano aggiungendo il sale; quando le verdure si saranno leggermente insaporite, aggiungere l'acqua e portare a bollore.
Appena il composto si sarà disfatto, togliere dal fuoco per ridurlo in crema con l'aiuto del frullatore ad immersione. aggiungere la panna e la curcuma.
Porre la crema in una zuppiera o porzionarla nei singoli piatti decorando con la polpa sfaldata del nasello. Condire il tutto con un giro di olio a crudo che, a mio giudizio, è essenziale per completare il piatto.
.......Sentirete la bontà, la delicatezza e la raffinatezza del sapore.
 
n.d.r.: Cracco consiglia la curcuma fresca: io non solo l'avevo in polvere ma non me la sono sentita di utilizzarla nella quantità che lui sembrerebbe suggerire
 
Per correttezza e per interesse che credo, a questo punto, di aver potuto suscitare, vi trascrivo la ricetta originale dello chef:
 
Ingredienti (per 4 persone)
n. 6 carote (cica 500 gr)
20 gr di curcuma fresca (un po' meno se in polvere) (n.d.r.:lascio a voi commenti e riflessioni)
olio
sale
 
Lavate le carote senza pelarle e fatele cuocere in acqua bollente salata. Quando saranno morbide,  scolatele e schiacciatele con una forchetta fino a ridurle in poltiglia e, se necessario, utilizzare anche un mixer o un frullatore ad immersione. Otterrete una purea setosa ed impalpabile, molto liscia che volendo, potrete ultilizzare anche in accompagnamento a carne o pesce....Se invece preferite una crema aggiungete un po' d'acqua o del brodo vegetale. Completare con un filo di olio.
Cracco propone l'abbinamento della crema con i canestrelli ovvero capesante in miniatura tipiche della laguna di Venezia.


E non ti vado a scoprire che il colore del contest Food & Colors di Essenza in Cucina del mese di novembre 2012 è proprio l'arancio? Anche se allo scadere dei termini, partecipo anch'io perchè questa crema val la pena di essere reclamizzata... 
 
 

martedì 13 novembre 2012

Alla ricerca della torta perduta: un'anomala crostata con la ricotta (Menù Mediterraneo)


Nella ricerca di un dolce a completamento del "Menù mediterraneo" colgo l'occasione per pubblicare nuovamente questo post perchè, per un mio errore di digitazione, da diversi mesi era stato retrocesso "dietro le quinte" del blog.
Peraltro, essendo stato postato agli albori dell'apertura del blog sono certa che risulterà quasi nuovo perchè, all'epoca, molti amici ignoravano l'esistenza della mia nuova "creatura" ;-).
Questa torta appartiene alla memoria" di tutta la mia famiglia perchè è legata a mia nonna materna la quale, benchè figlia unica, era dotata di un certo numero di cugine che non mancava di frequentare.
Una di queste, in particolare, ci invitava tutte le estati ad una merenda nell'orto di proprietà sua e del marito.
Chi conosce le merende toscane sa di cosa io stia parlando.
Sotto "la pergola" ci accoglieva una tavola imbandita con stoviglie essenziali ma carica di sapori dei quali ancor oggi vado a caccia e non sempre con esiti positivi.
Il pane toscano uscito dal forno a legna dell’unico fornaio della zona (ormai un sapore introvabile), il prosciutto e la salsiccia dei maiali di loro proprietà, il pecorino e la ricotta freschissima delle loro pecore, i pomodori e la frutta del loro orto ed i miei primi sorsi di vino proveniente dalla loro vigna.
Da quelle terre, tempo dopo, sarebbe nato il Morellino di Scansano ma negli anni ai quali mi riferisco, il vino non era ancora oggetto di sofisticate attenzioni e dalla botte usciva….”il vino”, con tutti i pregi, i difetti e l'annuale sorpresa del semplice processo di macerazione dell’uva.
Quelle merende si concludevano con un dolce di stampo assoltamente casalingo ma altrettanto godurioso.
Si tratta di quella che io ho conosciuto con il nome di "crostata con la ricotta", benchè consapevole che nulla avesse in comune con la pasta frolla usualmente da tutti utilizzata.
Di questo dolce dell'infanzia mi mancava la ricetta e i tentativi di replica, nel tempo elaborati, non hanno mai raggiunto “quel sapore"!
Finalmente Paola di Ammodomio mi è venuta in soccorso e qui ho trovato….ho trovato…..ho trovato ciò che cercavo!!!
La ricetta rinvenuta di per sè è ottima ma ho preferito apportare qualche leggera modifica nel desiderio di rendere il dolce più simile al sapore ed alla consistenza di quello sperimentato in allora.
Invero mio fratello che  in questo caso era l'unico a poter riconoscere il dolce della nostra infanzia, l'ha apprezzato moltissimo anche se sostiene non essere esattamente lo stesso di “quei tempi”……:-P.
Nonostante, infatti, la mia volontà di attribuire a questa torta quella "casalinghità" probabilmente legata tanto alla mano di Elisabetta (la cugina della nonna) quanto alla materia prima da quest'ultima utilizzata, alla mia riproduzione resta una nota  un po' più delicata ed elegante che deriva dall’equilibrato adeguamento ai gusti culinari attuali.
Ne risulta una torta vellutata, morbida ed umida che senza dubbio strizza l’occhiolino a quanto si apprezza oggi rendendola perfetta anche per un fine pranzo.
Se la provate, fatemi sapere!

Crostata” con la ricotta. 
(rispetto alla ricetta di Paola di Ammodomio, che ringrazio per il regalo, ho apportato le modifiche necessarie anche alla misura dello stampo da me utilizzato)


Ingredienti
per la pasta base
200 gr di farina
100 gr di burro fuso
2 uova intere
1 tuorlo
100 gr di zucchero
2/3 cucchiai di latte
il succo di mezzo limone
1,5 cucchiaino di lievito
vaniglia
1 pizzico di sale

per la farcia
600 gr di ricotta
200 gr di zucchero
il succo di mezzo limone e la buccia grattata del limone intero
1 uovo intero
vaniglia
alcune cucchiate di marmellata di prugne (a piacere….ma non troppa)

Base: Setacciare farina e lievito
Fondere il burro e lasciarlo raffreddare
Montare le uova (sia quelle intere che il tuorlo) con lo zucchero finchè diventino chiare e spumose (ho usato le fruste elettriche)
A questo punto mischiare una cucchiaiata della montata di uova e zucchero con il burro fuso ormai raffreddato.
Aggiungere alla montata qualche cucchiaio di farina, il pizzico di sale, il latte e il limone (succo e buccia) quindi, poco a poco, il resto della farina alternandolo con il miscuglio di burro, Mescolare con delicatezza.
Farcia:Mescolare tutti gli ingredienti sino ad ottenere una crema uniforme
 
Assemblaggio: Imburrare uno stampo da 30 cm e versarvi l’impasto di base stendendolo uniformemente.  Porvi sopra, a cucchiaiate, la crema di ricotta e stenderla con delicatezza.
A quasto punto spargere quà e là sulla crema alcune cucchiaiate di marmellata di prugne.
Infornare a 180° per 30 min., lasciar raffreddare il dolce e sformarlo.

n.d.r:
a) nutrivo incertezze: ho usato un comunissimo stampo per torte antiaderente e avendo coperto tutto l'impasto di base con la ricotta, mi domandavo come avrei fatto a staccare la torta dalla teglia. Nessun problema: l’impasto di base, con la lievitazione in  forno, si è fatto strada tra la ricotta e le pareti dello stampo creando un gradevole e morbido “cestino” che si è staccato da solo,
b) Il problema più grave l’ho ovuto per la fretta: nella curiosità di capire se avessi realizzato la torta della mia memoria, non ho avuto la pazienza di attendere che si fosse raffreddata adeguatamente. Nel girarla, pertanto, ho rovinato la farcia nella parte centrale. La prossima volta utilizzerò uno stampo apribile....
c) Elisabetta a quanto ricordo non utilizzava tutto l'impasto per la base ma ne lasciava da parte alcune cucchiaiate per spargerle sopra la farcia quà e là insieme ad alcuni ciuffi di marmellata.  Questa presentazione credo giustifichi, nel linguaggio del luogo, il nome “crostata” attribuito a questo dolce ;-) In tal caso sarà opportuno utilizzare gr 250 di farina anzichè gr 200. 
Buona settimana.
Giulietta






martedì 6 novembre 2012

Ricciola all'acqua pazza e....una novità (Menù Mediterraneo)





Come ho già scritto ho voglia di cucina "a tutto tondo", ovvero non vorrei limitarmi ad approfondire e scoprire ricette di pasticceria ma vorrrei sondare anche il mondo dei primi piatti e quello delle seconde portate soprattutto stufati, spezzatini, brasati....e l'inverno è il periodo più adatto.
Insomma, in conclusione, mi è venuta voglia di rivedere un po' l'impostazione del blog.
Due le sollecitazioni che mi hanno condotta a questa decisione.
La prima: la scorsa estate, in Toscana, sono stata particolarmente attratta ed incuriosita dalla realizzazione della pasta fresca a mano ed il desiderio di cimentarmi anch'io, per il gusto di riscoprire i sapori di quando ero ragazzina, si è impadronito di me.
Mi rendo conto: si tratta soprattutto di una sfida con me stessa alla quale, tuttavia, non vedo ragioni che giustifichino una rinuncia; potendo infatti limitare la quantità realizzata a due soli commensali (io e mia madre), tentativi, esperimenti ed eventuali fallimenti comporterebbero una fatica minima e, comunque, sarebbero utilizzati per la nutrizione senza giungere all'invereconda sorte di finire nella spazzatura.
La seconda sollecitazione è di ordine molto pratico: postare quasi esclusivamente dolci.....è ingrassante :-) perchè bisogna mangiare i fallimenti, ripetere la ricetta ed infine....ri-mangiare....
Senza considerare che anche le realizzazioni soddisfacenti ben difficilmente trovano spazio per essere gustate una seconda volta :-(
Da qui l'idea di una nuova impostazione del blog: la successione dei post sarà strutturata secondo la realizzazione di un menù: primo, secondo piatto e dolce. Ovvio che talvolta il tutto potrà essere preceduto anche da un piccolo antipasto.
Beh, un menù potrebbe anche prevedere un piatto unico; in tal caso i post si articoleranno secondo il seguente ordine: entrée, piatto unico, piatto di intermezzo/uscita e dolce.
E' mia intenzione, peraltro, raccogliere le ricette di ogni singolo menù in modo che questi ultimi possano risultare di facile consultazione.
Nella concretezza, comunque, il blog conterrà due distinte sezioni: una dedicata, appunto, ai MENU' ed una seconda, FUORI MENU', per dare spazio a quei piatti che non sono idonei ad essere serviti in una cena, oppure alle ricette realizzate per la partecipazione all'MTChallenge 
Allora....cominciamo!
La settimana scorsa ho postato il risotto alla pizzaiola e...non crediate sia stato semplice pensare un abbinamento con il quale proseguire una ipotetica cena.
Alla fine ho scelto un piatto dall'impronta nettamente mediterranea: una ricciola all'acqua pazza; mi è parso potesse sposarsi bene con il risotto del post del 25 ottobre u.s.
Il pesce tradizionalmente utilizzato per la cottura all'acqua pazza è il branzino oppure l'orata ma avendo trovato sul mercato una ricciola bellisima, l'ho acquistata e al momento di cucinarla non ho saputo resistere alla tentazione di cuocerla secondo questa ricetta che è la mia preferita.
Vi assicuro che, con la sua polpa un po' soda e saporita, mi è piaciuta tantissimo e sono giunta alla conclusione: branzino bollito, orata al cartoccio, ricciola.... all'acqua pazza.
Ed allora.....procuratevi una ricciola (ma anche un branzino o un'orata ;-), ...ovvio
 

 
Ricciola all'acqua pazza (secondo mia madre)

Ingredienti:
la ricciola della foto aveva un peso di circa gr. 700. ma
per 4 persone serve...

1 ricciola da gr. 1000/1200
10 pomodorini
4 patate
mezzo bicchiere di vino bianco
1 filetto di acciuga
un cucchiaio di capperi
2 spicchi di aglio
olio
prezzemolo q.b.
sale

Sbollentare e spellare i pomodorini, tagliandoli a metà.
Sciacquare i capperi per togliere il sale.
In una pentola piena d'acqua porre le patate intere e con la buccia; farle precuocere per 5/7 min., scolarle, spellarle e tagliarle a fette un po' spesse.
In un tegame munito di coperchio versare l'olio e farvi rinvenire per 2 min. l'aglio ed una spolverata di prezzemolo.
Aggiungere il vino lasciando che l'alcool volatilizzi.
Adagiare nel tegame il pesce ed, a seguire, anche i pomodorini spellati, i capperi, le fette di patate precedentemente sbollentate ed il filetto di acciuga.
Lasciare che si formi il sughetto
Allungare con un bicchiere d'acqua o quanto basta affinchè il pesce possa cuocere lentamente (a fuoco basso) senza bruciarsi.
Coprire il tegame  e portare a cottura. Serviranno circa 15 min.
Il pesce è cotto appena la pinna si stacca dal dorso.
Spolverare con il rimanente prezzemolo.

n.d.r.:
a) La ricciola acquistata aveva un peso di circa 700 gr: per due commensali eraabbondante. Davanti ai fornelli abbiamo capito che...avremmo avuto bisogno di un tegame più grosso ma....chi ce lo faceva fare di andare in dispensa e tirarlo fuori....:-D
b) Sbollentare precedentemente le patate evita che il tempo di cottura del pesce si riveli insufficiente per la cottura di questo ortaggio.
c) Il filetto di acciuga è un "segreto" assolutamente toscano: i toscani la infilano nelle ricette, appena ciò sia possibile, per rafforzare il sapore del piatto.....Pensate che mia madre inizialmente mi ha detto: "....ma tu non dirlo che c'ho messo l'acciuga".....

Un saluto a tutti. Giulietta
 
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 25 ottobre 2012

Risotto alla pizzaiola e un appello (Menù Mediterraneo)


 
Le motivazioni per le quali, qualche sera fa, io mi sia trovata a guardare un film drammatico,  intriso.....vagamente sporcato di horror e di giallo e ad abbandonarne la visione ad una ventina di minuti dall'epilogo, ancora adesso non mi sono chiare.
All'1,30 del mattino, infatti, mi trovavo ancora seduta sul divano intenta a capire se ciò stava avvenendo per giustificato interesse verso l'opera oppure per il desiderio di chiarire a me stessa il senso di una trama che, nella mia ignoranza cinefila, mi permetterei di giudicare evanescente ed insufficiente,
E' così che, una volta optato per il materasso, mi sono scoperta innervosita dalla inestricabile contraddizione esistente tra la stupidità che si era manifestata nell'aver perso ore di riposo per un film il cui genere non rientra "nelle mie corde" e l'ossessione, nella quale spegnendo la TV mi ero infilata, di conoscerne, malgrado tutto, la fine :-/
Ora,...c'è qualcuno che sappia quale sia l'epilogo del film di D. Moll "Lemming - Due volte lei"?
Una storia annoiante, è vero, però.... ormai che mi ci ero messa, avrei potuto portarne a termine la visione senza infliggermi la punizione dell'attuale curiosità....porca puzzola!
Che poi.... ho cercato la trama su internet ma nessuna recensione, per rispetto dello spettatore, chiarisce  chi muoia al termine di una storia che, in maniera scontata, non poteva che condurre alla morte di uno dei tre protagonisti.... sì.... ma quale? UFFA!!!
Mah - dico io - questa accortezza e "gentilezza" varrà per coloro che la recensione la leggono prima di vedere il film; io le recensioni le ho cercate dopo e....non vorrei vedermi costretta a sciropparmi una seconda volta tutto il film...etto avendolo, per altro, già visto quasi nella sua totalità tanto da farmi giungere alla deliberazione: "ho sonno, cosa ci sto a fare, ancora, seduta qui davanti?".
C'è qualcuno che può venire in mio aiuto, dando requie alla curisosità che mi rode?
 
Nel frattempo vi "inoltro" una delle molteplici modalità di utilizzo del pacco da chilo di pomodori secchi, provenienti dalla Calabria, che mi sono stati regalati: buonissimi e saporitissimi.
Quella medesima sera, infatti, ero sola in casa  e così mi sono cucinata questo risotto e, non circondata da "soffiatori sul collo", non solo me lo sono mangiato ma, al momento della "seduta fotografica", ho potuto fotografarmelo senza correre.
L'usuale insufficienza dell'immagine (pari al film di cui sopra!) è esclusivamente frutto dello scarsa conoscenza del manuale di utilizzo allegato alla mia nuova fotocamera, lo studio del quale mi sta impegnado nelle ore serali con la stessa applicazione richiesta ad uno studente lavoratore....
Vi chiedete in che rapporto siano il film con il risotto? Il primo era espressione di fantasie mal riuscite, il secondo è una fantasia rustica... ;-) perchè se cucinare è, attualmente, ricerca di equilibrati abbinamenti tra vari ingredienti, il risotto può definirsi "l'agorà delle fantasie culinarie". 

Risotto rustico alla pizzaiola

Ingredienti per 1 persona:
gr 80 riso Carnaroli
8/10 faldine di pomodoro secco
brodo vegetale
olio
1 spicchietto di aglio
sale
pepe
pecorino
origano (un pizzichino)

Nell'acqua calda far rinvenire i pomodori secchi e tagliuzzarne le faldine.
Versare in un tegame dai bordi non troppo alti, l'olio ed a fuoco basso, farvi rosolare lo spicchietto di aglio. Aggiungere qualche pezzetto di pomodoro secco.
Trascorso un minuto o due, versare il riso ed una volta raggiunta la tostatura, togliere l'aglio e sfumare il riso con l'acqua nella quale si sono fatti rinvenire i pomodori.
Proseguire nella cottura aggiungendo poco per volta il brodo vegetale che nel frattempo sarà rimasto a bollire lentamente su un altro fornello. 
Unire qualche altro pezzetto di pomodoro secco.
Poco prima del termine di cottura, aggiustare di sale, aggiungere le ultime faldine di pomodoro secco.
Fuori dal fuoco mantecare con un giro di olio ed un pochino di pecorino. Una spolverata abbondante di pepe ed un pizzico, appena accennato (a vostro piacimento), di origano.

N.B.: alcune sere prima avevo proceduto a cuocere un risotto simile, partendo da un fondo con la cipolla, sfumando con il vino bianco e mantecando con un po' di olio e burro.
Ottimo....ma in fin dei conti trattavasi, pur sempre, di un risotto con il pomodoro, senza una nota particolare.
Il nipote n. 1 lo aveva commentato dicendo: "....era meglio la salsa!...."
Benchè il suo pensiero fosse carico di "sfida adolescenziale" (visto che ne ha mangiato 3 piatti!!....), tuttavia il ragazzo non era lontano dalla verità... :-)

Inoltre....mi vergogno a confessarlo, ma... mangiando questo risotto mi sono auto-confermata nell'idea di non essere una appassionata del riso Carnaroli; forse apprezzo molto di più l'Acquerello.
Potrebbe anche essere che il Carnaroli non sia il riso giusto per questo tipo di risotto.....
Ora l'ho detto,... sparate pure...!
 

 

mercoledì 17 ottobre 2012

Il pane dello shabbat per riflettere!



Insomma....mi serviva la partecipazione all'MTC di ottobre 2012 per riflettere!
Eleonora, infatti, dal suo blog  ha proposto la realizzazione del "pane dolce" dello shabbat (sabato).
Invero non si tratta della più tradizionale e rituale  "challah" poichè quest'ultima avrebbe impedito ogni apporto di originalità richiesto, al contrario, dalle regole dell'MTC.
Le prescrizioni della religione ebraica non impediscono, tuttavia, che nel "pane dolce", oggetto della gara di questo mese, vengano apportate modifiche mediante l'aggiunta di un ripieno, sebbene anche quest'ultimo debba seguire alcune regole.
E' un pane che viene impastato e cotto prima del tramonto del venerdì per allietare la tavola dello shabbat, del sabato, giornata da dedicare alla famiglia, agli amici, al contatto con la natura; insomma, giornata nella quale si è invitati alla condivisione
Ed è proprio questa parola: "condivisione", che mi ha fatto riflettere.
Confesserò: i numerosi problemi, piccoli e grandi, che hanno contraddistinto i mesi estivi e questa prima parte del rientro alla quotidianità lavorativa, mi hanno un po' chiusa in me stessa ed è mancata proprio la gioia della condivisione.....perchè ci vuole GIOIA nella vita!
Ed allora, con la promessa, rivolta a tutti gli amici che in questi mesi hanno fatto le spese della mia scarsa gioia, di applicarmi maggiormente nella condivisione, vi lascio ad una delle mie pochissime esperienze in tema di lievitati.
....L'MTC obbliga smpre ad affrontare nuove esperienze culinarie ed, invero, abbiamo mangiato un pane leggermente dolce, dalla pasta un po' soda e molto somigliante ad una brioche nonostante la mancanza del burro per il divieto prescritto dalla religione ebraica.
Il "critico" ufficiale di casa (mia madre) lo ha gradito moltissimo e lo rifarò per la sua colazione.
Un ringraziamento ad Eleonora per il pane e per la ...riflessione!

Questa è la ricetta per l'impasto base proposta da Latte e Miele di Eleonora

 
 
PANE DOLCE DEL SABATO (impasto base per due trecce ripiene: una con uva moscato di Francia e l'altra con castagne)

500 gr di farina 0
2 uova grandi medie (circa 60-62 gr con il guscio)
100 gr di zucchero
20 gr di lievito di birra

125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 gr di sale
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di papavero

Prima di tutto e importantissimo, setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina, il sale e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno ad uno, fino alla loro incorporazione. Lavorare fino a che l'impasto si stacchi perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita.

Lasciar lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiare l'impasto e tagliarlo in due parti uguali. Tagliare poi ognuna delle parti in tre.

Stendere su un piano infarinato ognuna delle parti lunghe circa 35 centimetri e larghe 15. Spargere il ripieno scelto sulle tre strisce di impasto ottenute.
Ed ecco i miei ripieni:
 
Pane dolce dello shabbat con uva 
- un grappolotto di uva (la mia era moscato di Francia con pochissimi semini)
- zucchero semolato
 
non ho fatto altro che lavare l'uva, staccarla dal raspo e passare gli acini nello zucchero semolato. Quindi li ho sparsi sulle tre strisce di impasto che ho provveduto a chiudere e, dopo averne compattato i tre capi iniziali, ho eseguito l'intreccio.
 
Pane dolce dello shabbat con castagne glassate

  
- 600 gr di marroni.
- 200 gr di zucchero di canna
- 40 gr di acqua
 
Qui l'operazione è stata un po' più impagnativa: ho messo le castagne in una pentola portandole a bollore. Dopo 20 min. ho spento il fuoco: le volevo ancora al dente. Le ho quindi pulite togliendo la buccia e la pellicina interna che è venuta via facilmente. Quindi ho fatto sciogliere lo zucchero di canna in una padella antiaderente insieme all'acqua; quando ha cominciato a bollire sciogliendosi, ho aggiunto le castagne che ho fatte rosolare glassandole. Una volta che il ripeino si è raffreddato l'ho steso sulle tre strisce di pasta, chiudendole e procedendo con l'intreccio come per il pane precedente.

Entrambe le trecce, poi, sono state messe nella leccarda del forno preventivamente unta di olio e sono rimaste a lievitare almeno altre due ore.
Quindi le ho "lucidate" con un tuorlo d'uovo al quale erano stati aggiunti due cucchiaini di acqua e le ho cosparse con i semini di papavero.
Quindi in forno statico a 200° per 20 min.

N.B.: a) la lievitazione è molto lunga, due ore non sono bastate. Anzi, trascorse due ore senza che mi risultasse una lievitazione di una qualche rilevanza, le ho messe nel forno acceso a 30°;
b) non stendete troppo sottilmente le strisce dell'impasto perchè altrimenti non c'è materia sufficiente alla lievitazione. Il pane con le castagne, che ho steso per primo, ha risentito di questo errore.
Un abbraccio da Giulietta e...alla prossima!

Urka.....mi dimenticavo di precisare, per chi non lo avesse ancora capito, che con questa ricetta partecipo all'MTC ottobre 2012

MTC Ottobre 2012- Gi sfidanti


 

mercoledì 26 settembre 2012

Gnocchetti con ragù bianco di coniglio alla birra.


Con moltissimo ritardo sulla tabella di marcia che mi ero prefissata, torno a pubblicare le ricette sperimentate.
Ho avuto problemi ancora non del tutto risolti ed ho dovuto attendere che facesse capolino la voglia di cucinare e comunicare.
Nel mio futuro culinario vedo paste fatte a mano e, POSSIBILMENTE, stese con il mattarello (mi sto esercitando) oltre a stufati (la mia passione: non sono una appassionata di piatti di carne ma se mi presentate uno stufato, non resisto!) e dolci: alcuni tendenzialmente raffinati, altri inediti perchè voglia di replica di sorprendenti porzioni assaggiate con piacere in qualche ristorante.   
Entriamo subito in argomento.... e partiamo con un sugo fatto con carne di coniglio.
La polpa del coniglio, come quella dell'agnello, del cinghiale e anche del maiale, se utilizzate per fare un ragù,....vanno tagliate al coltello. Mai e poi mai farle passare attraverso il tritacarne proprio o del macellaio perchè si "appoltigliano" ed i pezzetti non restano belli sgranati.
Questo il categorico insegnamento che ho ricevuto dalla signora Mirella che gestisce un bazar/cartoleria nel luogo dove trascorro, da sempre, le mie vacanze estive. 
Mirella vanta un passato da ristoratrice e poichè mi vede  "spulciare"  sempre riviste e libri di cucina, mi elargisce una sacco di ottimi consigli :-)
Il passaggio dal suo negozio per l'acquisto del giornale da leggere sotto l'ombrellone è, per me, d'obbligo e poichè vado al mare giusto quando gli altri tornano a casa (ora di pranzo!), mi sono aggiudicata più di un assaggio di ottimi tranci di pizza e fette di torte dolci e salate di sua realizzazione :-9
Vado al mare con coscienza io,....mica pettino le bambole!
Dunque, il taglio della polpa al coltello è il consiglio ricevuto già diverso tempo fa, e lo spunto per la realizzazione di questo ragù, invece, proviene da qui perchè mi ha attratta l'idea della cottura con la birra anche se poi, non avendo a disposizione i carciofi èerchè fuori stagione, ho proceduto a mio personale gusto e piacimento.

P.S.: Ho già diffuso in famiglia una richiesta: a Natale vorrei in regalo un trinciante da cuoco....non potete immaginare il fascino  di tagliare  la carne al coltello, sminuzzare le verdure per il soffritto ed affettare sottilmente la cipolla per la panzanella...:-)

Ragù bianco di coniglio alla birra
Ingredienti per 4 persone:
gr. 400 di polpa di coniglio
gr. 100 guanciale
gr. 100 salsiccia (io toscana)
birra (ale)
1 carota  
1 cipolla
farina
olio
sale
pepe
rosmarino secco
Con pazienza, tagliare a coltello la polpa del coniglio, ovvero ridurla  a piccolissimi pezzettini e quindi, infarinarla.
In una padella di dimensioni atte ad accogliere la carne e, volendo, anche a farvi saltare la pasta, su fuoco medio/basso, far brevemente rosolare, in poco olio, la cipolla tritata, le fettine di carota e il guangiale tagliato a dadini.
La cipolla ed il guanciale devono ammorbidirsi e diventare trasparenti, senza bruciarsi.
A questo punto aggiungere la salsiccia e la polpa del coniglio infarinata e far rosolare bene.
Quando la carne è divenuta bianca, aggiungere la birra, lasciar prendere il bollore e quindi, aggiungere un po' di sale, pepe e rosmarino secco
Cuocere per 15/20 minuti a fuoco moderato affinchè la carne resti morbida. Aggiustare di sale e pepe. 
Il ragù è pronto. Condire la pasta aggiungendo un giro d'olio a crudo.
Una bella "svantolata" di pecorino romano, dona al piatto una nota più rustica.
Con questo ragù ho condito gli gnocchetti di farina. Qui sotto la ricetta:

Gnocchetti di farina
(da La Cucina Italiana - dicembre 2004)

Ingredienti (per circa gr 700 di prodotto)
gr 500 di acqua
olio (io ne metto 2 cucchiai)
un pizzicone di sale
gr. 350 di farina (io ho utilizzato sempre farina 00)
In una pentola capiente e con il fondo spesso, portare a bollore l'acqua e condirla con olio e sale.
Versare in un sol colpo la farina; rimestare l'impasto con energia per 2-3 minuti fino ad assorbimento della farina.
Rovesciare l'impasto sul tavolo, stenderlo sommariamente con le mani (di amianto.... delle quali siete certamente dotati!) ed attendere che si raffreddi un po' per poterlo lavorare sino a farlo diventare liscio e vellutato.
A questo punto, staccarne un pezzo, formare un filoncino e tagliare gnocchetti di dimensione contenuta (trattasi di gnocchetti....non di gnocchi!).

Buon appetito in mia assenza, visto che pubblicherò nuovamente con una certa calma causa definizione delle "grane" in corso.
Giulietta