venerdì 31 maggio 2013

Vinaigrette agli agrumi di M. Roux per l'insalata di radicchio e fragole

 
 
Da lungo tempo, girando tra gli scaffali de La Feltrinelli, "Salse", un libro storico di Michel Roux, "mi corteggiava".
Se ne stava lì, depositato su quello scaffale da diverse settimane e quell'unica copia non veniva mai acquistata da nessuno....
Ad ogni nuova visita lui mi osservava e se al primo incontro mi ha svelato il suo costo e quindi l'ho riaccompagnato con gentilezza al suo posto ed al termine del secondo colloquio, dopo essere stata intrattenuta con alcune  interessanti spiegazioni, ho nuovamente rifiutato il corteggiamento, al terzo approccio non ho saputo resistere: aveva fatto bella mostra di sé, svelandomi come ogni cibo trovasse in lui la salsa più opportuna
Ora conviviamo amorevolmente e ogniqualvolta mi accingo a cucinare, il primo sguardo è per lui.
Tanto forti sono la stima e l'amore che mi legano a questo libro, che seppur avessi deciso di fare una parmigiana, sarei disposta a stravolgere tutti i piani ed finanche un'intera cena, non appena dovessi accorgermi di una sua proposta di salsa in accompagnamento alle melanzane ;-)
 
Ho difficoltà a postare in questo periodo perché non ho alcun desiderio di cibi pesanti ma "lui" e poiché qualche giorno fa, aprendo il frigorifero, ho visto un cespuglio di cicorino ed un mucchietto di fragole, ho penato di unirli insieme in una bella insalata. Il mio pranzo!
Quale il condimento adatto, è il problema che ha trovato soluzione immediata in "Salse".
Nel commento che correda ogni ricetta, ho infatti letto le seguenti rivelatrici parole: "Questa vinaigrette è ottima con tutte le insalate, in particolare con la scarola, la cicoria, l'insalata riccia ed il radicchio".
Rapido sguardo agli ingredienti a conferma dell'opportunità della mia scelta ed ho concluso che nessuno avrebbe potuto mai porre in dubbio la complementarietà dell'arancia e del limone.....con le fragole e dunque....detto, fatto......
Io, comunque ho apportato qualche modifica che metterò in corsivo
 
Vinaigrette agli agrumi di M. Roux
 
Ingredienti (condimento per 6 porzioni di insalata*)
1 arancia
1 limone
1 cucchiaio di zucchero semolato
1 cucchiaino di senape di Digione
sale macinato al momento
pepe macinato al momento
6 cucchiai di olio di arachidi (io olio EVO)
1 cucchiaino di prezzemolo macinato al momento (che io ho omesso)
 
Tagliare le scorze degli agrumi a julienne molto sottile (io ho grattugiato la scorza dell'arancia e di mezzo limone). Sbollentatele separatamente per un minuto e poi scolatele bene.
Mettere la scorza ed il succo d'arancia in un pentolino con lo zucchero e scaldare lentamente per far sciogliere lo zucchero, quindi lasciar sobbollire a fuoco basso sinchè si riduce di due terzi. Togliere dal fuoco e mettere da parte.
In una ciotola, sbattere con la frusta, la senape, il succo del limone, sale e pepe a piacere.
Aggiungere al composto l'olio, poi la riduzione d'arancia con la sua scorza.
Appena prima di servire, unire la scorza di limone ed il prezzemolo.

n.d.r.: il mio procedimento:
1) anziché tagliarla sottilmente, ho grattugiato la scorza dell'arancia e di mezzo limone, stando molto attenta a non grattare anche la parte bianca...pena l'amaroticità del composto.
Ho preso il succo dell'arancia e le scorze grattugiate di entrambi gli agrumi e li ho posti sul fuoco, in un pentolino, insieme al cucchiaio di zucchero.
2) ho emulsionato la senape con il succo del limone ma non ho utilizzato tutto il succo di limone che avevo ricavato dall'agrume. Ho aggiunto il sale ed il pepe.
3) ho preso la riduzione che, ormai, si era leggermente addensata e l'ho filtrata attraverso un colino a maglie fini per eliminare la scorza che non gradivo percepire nell'insalata.
4) ho atteso qualche attimo affinché la riduzione si intiepidisse e l'ho unita al composto di senape, olio e limone. 
5) Non ho aggiunto il prezzemolo  né ho avuto bisogno di aggiungere la scorza del limone che avevo già inserita nella riduzione.
6) * Il condimento è previsto per sei porzioni ma evidentemente, se l'insalata non è un contorno ma un piatto (quasi) unico, con queste dosi non è possibile condire più di tre porzioni
7) Potrebbe essere interessante aggiungere un trito di basilico per condire l'insalatina di cicoria e fragole che anche così è risultata deliziosa.

Le salse....velluto nel piatto
le salse....una sfaccettatura del gusto
le salse....armonia tra più ingredienti.
;-)
Giulietta
 
 
 
 
 

giovedì 16 maggio 2013

"Polpo (quasi) ciucco" in taieddhra


La personale avventura culinaria che lentamente e talvolta con fatica, si consuma su questo blog,  mi sta aiutando a conoscere quali gli aspetti della cucina che mi affascinano maggiormente.
Mi sto, infatti, accorgendo di nutrire un particolare interesse per le tecniche in generale e per le tecniche di cottura, in particolare.
Una volta capito come cuocere, la scelta di cosa mettere in forno o sui fornelli si risolve nella logica dell'utilità del momento, oppure nasce dal particolare desiderio di assaporare un cibo piuttosto che un altro, come può emergere dalla curiosità di sperimentare un abbinamento scoperto leggendo un libro "firmato" da uno chef o di tentarne la replica dopo averlo testato in una serata trascorsa in un ristorante, tra amici.
Chi si interessa un po' di cucina e ne segue l'evolversi è al corrente del fatto che la ricerca è attualmente rivolta alla "cucina leggera" o, per meglio dire, a come presentare piatti che, pur avendo una loro struttura,  prevedano una concentrazione limitata di grassi e possano avere una nota di eleganza.
Una seconda tendenza è costituita, appunto, dalla sperimentazione e dall'uso di cotture lentissime e a bassa temperatura.
Quest'ultima tecnica mi affascina enormemente perché, per tradizione, siamo abituati a cuocere in forno la carne con temperature attorno ai 200° C e oltre oppure a dare per scontato che il pollo debba obbligatoriamente essere ben cotto, intendendosi con tale espressione indicare una cottura che lasci la carne morbida ma del tutto priva di "ombre" rosate.
Non vi dico quanto grande sia stato il mio stupore quando quest'inverno, a Parigi, mi sono trovata a gustare un petto di pollo morbidissimo, umido  e......leggermente venato di rosa all'interno, in abbinamento a due salsine che rendevano il piatto elegante, nonostante la semplicità e la leggerezza (che....proprio quella stavo cercando in quel frangente, altrimenti non avrei chiesto.....un banale petto di pollo :-)
All'istante ho capito di aver incontrato la rivoluzione degli insegnamenti tradizionalmente ricevuti e la mia mente è corsa ad una  doppia cottura, letta su un libro qualche tempo prima, utilizzata proprio per cucinare un intero petto di pollo ma da me bandita come un'assurdità, evidentemente per quel misto di inesperienza ed ignoranza che mi coglie di fronte alle novità.
Orbene, di quel petto di pollo ormai entrato nella routine familiare, parlerò in altra occasione, ciò che ora mi interessa condividere è la motivazione per la quale ho accettato di partecipare a questo ennesimo MTC.
La ricetta proposta dal vincitore della "prova" di aprile è un pugliese che ha pensato di "mettere a repentaglio" una ricetta di stretta tradizione barese, la "taieddhra" o "tiella" nel parlare della quale, il particolare tegame anticamente utilizzato, ha finito per indicare quella squisitezza che è d'uso preparare assemblando riso-patate-cozze.
Mai idea fu più criticata e criticabile perché per i pugliesi ed i baresi in particolare, vale la regola secondo la quale chi tocca la tiella muore o....va all'inferno, trattandosi solo di stabilire se sia stato commesso un semplice reato o addirittura un sacrilegio.
Pur consapevole delle terribili conseguenze che potrebbero derivarmi quale fio delle mie innominabili colpe, mi sono lasciata attrarre dal gioco perché questa ricetta mi avrebbe permesso di sperimentare una modalità di cottura che da sempre mi impressiona.
Mai e poi mai in vita mia, pur nel desiderio di realizzare la "tiella secondo tradizione",  ho avuto il coraggio di mettere in forno, a crudo, riso-patate-cozze, per il timore che i primi due rimanessero duri mentre le cozze diventassero stoppose, essendo il mio timore accompagnato dalla certezza che i miracoli possono accadere solo se si è pugliesi.
Ai liguri ed ai toscani, certe cose non possono riuscire ;-)
Nella sostanza Cristian, con la sua proposta per questo MTC, mi ha posto di fronte ad una.....modalità di cottura che non avevo mai sperimentato ed ho deciso di mettermi in gioco.
......Ma assemblando cosa, nell'impossibilità di utilizzare la ricetta di tradizione?
Durante il percorso della mia ricerca, mi è giunto in regalo da Cristina, un opuscolo sul tema dell'abbinamento tra pesce e....vino rosso



 Altra eresia, penserà qualcuno ma per una come me che nel bere vino bianco, evita il mal di testa solo se quest'ultimo è......ottimo, l'uso di quello rosso diventa quasi una necessità, anche con il pesce.
Sfogliando il libricino mi sono imbattuta nella ricetta di Emanuele Vallini chef del Ristorante  "La Carabaccia" di Bibbona che, in pratica, proponeva una rivisitazione del "polpo briao", cuocendolo in forno, a bassa temperatura ed utilizzandolo, poi, per condire la pasta.
L'uso del vino e l'aromatizzazione con maggiorana mi hanno incuriosita e non ho saputo resistere alla tentazione di  "piegare" gli abbinamenti della sua ricetta per miei scopi, essendo obbligata a seguire la traccia dell'MTC di questo mese.
Uno sguardo al web per scoprire che anche il polpo al forno è un piatto della tradizione pugliese ed il gioco era fatto!
Ho dovuto solo aggiungere il riso, portare a cottura con la temperatura indicata da Cristian ed incrociare le dita, nella speranza di essere stata, per qualche ora, naturalizzata pugliese con abilitazione a ricevere il...miracolo della contemporanea cottura dei tre ingredienti: riso, patate e polpo.
 


"Polpo (quasi) ciucco" in taieddhra
 
Ingredienti per una porzione
gr. 150 polpo
gr. 120 patata
gr 50 riso (Aquerello)
scamorza bianca
3 pomodorini
1/2 cipolla
1 spicchio di aglio
fumetto di pesce
1 bicchiere di vino rosso
carota
sedano
aglio
maggiorana
erba cipollina
olio EVO
sale
pepe

Preparare un fumetto di pesce.
Tritare carote, aglio e sedano.
Pulire le patate e metterle in acqua affinché non anneriscano.
Affettare sottilmente le cipolle; pulire e tagliare a cubetti i pomodorini e
Velare il coccio con un filo d'olio e porvi il trito.
Affettare sottilmente la metà delle patate e fare un primo strato, aggiungendo anche le fettine di cipolla.
Fare in secondo strato con i pezzi di polpo spolverizzando con maggiorana ed erba cipollina. 
Procedere con il terzo strato di riso e quindi i pezzetti di pomodoro.
Salare con moderazione, aggiungere una macinata di pepe e spolverare tutto con una abbondante grattata di scamorza dolce.
Fare un altro strato di patate sovrapponendo qualche fettina di cipolla e alcuni pezzetti di pomodoro. Profumare ancora con maggiorana e erba cipollina; ulteriore grattata di scamorza accompagnata da un po' di sale e pepe ed giro d'olio.
Miscelare vino rosso e fumetto di pesce al 50% e versarlo sulla preparazione sino a lambire, appena, l'ultimo strato di patate.
Infornare a 160° per 60-90 min., sino a quando si forma una lieve crosticina.
Togliere la taieddhra dal forno e servirla tiepida o a temperatura ambiente.

n.d.r.
a) per preparare il fumetto ho colto l'opportunità di utilizzare il dado di pesce che avevo realizzato per la fideua, oggetto dell'MTC del mese di marzo;
b) come vino rosso ho aperto un Morellino di Scansano. Lo confesso, era buono ma  non ho scelto uno dei migliori perché ho avuto timore di giocarmi una bottiglia di buon vino per una ricetta che avrebbe potuto anche non riuscire o non abbinarsi bene come sapore. Per la verità, una forchettata di "polpo ciucco in taieddhra" ed un  sorso di Morellino......a me è sembrato che andassero a nozze ma potrei sbagliare perché non sono una sommelier;
c) per il riso ho scelto l'Aquerello: in casa mia ha ormai da tempo surclassato il carnaroli, con buona pace dei puristi. Lo troviamo costoso ma splendido!

Buon MTC a me che con questo post vi partecipo e a tutti coloro che volessero imparare a fare la taieddhra riso-patate-cozze di Cristian



 







domenica 12 maggio 2013

Un mare di umiltà, una montagna di attenzione.

E' noto che andare per mare è sempre stata un'attività affascinante ma anche carica di pericoli perché una nave in mezzo all'oceano è in balia della natura la cui forza, spesso, non è dominabile dall'uomo. 
Certe tragedie, tuttavia, sfuggendo alla logica sopra ricordata, lasciano sgomenti.
Non è la violenza della natura, infatti, che ha condotto una nave da crociera ad incagliarsi ed affondare a pochi metri dalla costa dell'Isola del Giglio; non è la forza della natura che ha determinato l'errata manovra di un mercantile con conseguente sfondamento di un molo del Porto di Genova ed il crollo della Torre - Piloti.
In entrambi i casi morti e dispersi.
Si sa, svolgere un lavoro o una professione vuol dire assumersi delle responsabilità; significa trovarsi a valutare circostanze ed a compiere scelte in tempi, talvolta, molto rapidi e non sempre, noi esseri umani, siamo dotati di quell'attenzione e concentrazione richieste dalle contingenze.
Non voglio giudicare nessuno, è solo che tragedie di questo genere, causate dall'errore umano, fanno sorgere in me una riflessione la cui validità sottopongo a chiunque voglia leggere queste righe.
Viviamo in un mondo automatizzato, dove l'aiuto dell'elettronica e della cibernetica è così pregnante da aver creato in noi la sensazione che l'errore umano possa essere sicuramente corretto dai numerosissimi dispositivi di sicurezza di cui sono dotate, ormai, tutte le strumentazioni delle quali ci serviamo per produrre o per portare avanti il nostro lavoro.
Forse crediamo inconsciamente di vivere in un mondo virtuale dove l'errore non è possibile perché noi dominiamo le macchine attraverso l'ausilio di altri strumenti o che questi ultimi lascino ampi margini ai nostri sogni ad occhi aperti perché la disattenzione è eliminata nonostante noi.
Evidentemente tutto ciò non è vero.
Queste tragedie ci ricordano che è necessaria l'umiltà  perchè alle decisioni da assumere abbiamo ancora l'esigenza di premettere il confronto con coloro che collaborano insieme a noi nell'attività che stiamo svolgendo.
Queste tragedie ci mettono di fronte all'obbligo di tenere alta la concentrazione che il lavoro affidatoci richiede perché non sempre le macchine possono colmare le nostre mancanze e disattenzioni.
Alla luce di questa riflessione che per me è motivo di crescita, resto in attesa dell'ultimo saluto alle vittime dell'ennesima tragedia causata dall'errore dell'uomo.
Giulietta
  



giovedì 2 maggio 2013

Un peana per il cake carote e rafano



Che Ernst Knam, tedesco di nascita ma milanese di adozione e noto pasticcere (ma, evidentemente, non solo) sia un "genio", lo sto imparando contro ogni mia previsione perché sono portata a credere pochissimo ai miti: prima devo verificare.
Il fatto è che sto verificando.....e nel ripetere con una certa frequenza questa ricetta, ho imparato non solo un procedimento di esecuzione non proprio dei più scontati ma ho dovuto riconoscere, mio malgrado, che gli ingredienti indicati all'origine vanno utilizzati tutti perché ogni sottrazione costituisce un detrimento alla bontà di questo cake che spesso riduco in piccoli tortini come quelli della foto.
Sono stata spinta, sollecitata, invitata, quasi obbligata a provare questo impasto, leggendo la ricetta su Menu Turistico e poi Alessandra (titolare del blog insieme a Daniela) mi ha motivata nella mia iniziale incertezza.
Diciamolo, ciò che rende titubanti e scettici è l'uso del rafano (da Alessandra addirittura sostituito con il wasabi....ma è una sua fissa ;-) e state qui leggendo le righe scritte da chi, anni fa, portando alla bocca una punta di rafano credette di dover digitare immediatamente il 118 chiedendo soccorso per avvelenamento....
Sono testimone in prima persona che il legame tra carote, senape e rafano è attestato dal successo che questi piccoli cake riscuotono ogni qual volta li propongo....avendo la preventiva accortezza di rivelare la presenza del "famigerato" rafano solo dopo l'assaggio ;-)
Riporto, pari-pari, la ricetta che potete trovare anche su Menù Turistico; farò seguire il know-how (frutto della mia faticosa ricerca e minima esperienza) per la realizzazione di questi piccoli tortini da servire in accompagnamento a salumi e formaggi ma buonissimi anche da soli.

Cake carote, rafano e senape di E. Knam

Ingredienti:
350 g di carote pulite e grattugiate finemente
250 g di farina 00
150 g di burro
150 g  di parmigiano reggiano grattugiato
50 g di olio extravergine
30 g di rafano cremoso (io, un cucchiaio di pasta di wasabi, non pieno ma neanche raso)
20 g di lievito chimico in polvere (lievito per impasti salati, istantaneo)
15 g di senape in grani (io, un cucchiaio colmo di senape all'antica, quella con i semini)
10 g di sale
7 uova intere
Nello sbattitore elettrico montare il burro ammorbidito con la senape e il rafano. Con la velocità regolata al minimo, unire l'olio a filo e, aumentando leggermente la velocità, il sale e le uova. 
Mescolare la farina con il lievito, versare sulle carote grattugiate e mescolare bene con le mani, per far aderire leggermente la farina.
Unire delicatamente il tutto al composto di burro e uova incorporando per ultimo il parmigiano grattugiato. 
Versare l'impasto ottenuto in due stampi da plum cake imburrati ed infarinati. Cuocere a 180 gradi per circa 20 minuti, controllando la cottura: le torte saranno pronte quando la lama di un coltello infilata nella pasta ne uscirà pulita.
 
Sin qui le indicazioni di Alessandra, ora concedetevi un po' di tempo per leggere queste mie n.d.r:
1) Operazione preliminare che, in questo caso, giudico assolutamente imprescindibile, è preparare sul tavolo tutti gli ingredienti già pesati; misurare, infatti, la giusta quantità di sale sembra una scemenza ma quando arriva il momento di utilizzarlo, mi invexendo (genovese per..."àgito") perché devo reperire il contenitore idoneo a raccoglierlo e pesarlo; la stessa avvertenza vale per l'olio da unire a filo....e a filo deve essere!!!
Pre-preparare le carote pulendole e grattugiandole: per lungo tempo ho utilizzato  la Microplane, ultimamente mi sono "abbassata" alle lame del mixer....;-) e va bene uguale.
Pre-preparare la farina setacciandola insieme al lievito chimico (quello a lievitazione immediata, in forno) ma mischiarla alle carote solo da ultimo.
Pre-preparare anche le uova ovvero aprirle in un contenitore che vi consenta di aggiungerle alla massa con molta.....ma molta circospezione. Per questo io le apro in un bricco del latte e poi le sbatto leggermente per amalgamare tuorlo ed albume come facessi una frittata. Ne dirò, poi, la ragione.... 
2) Senape: sino a poco tempo fa ho utilizzato solo quella in crema. Il motivo stava nella mia diffidenza verso il rafano (anch'esso cremoso): la cremosità della senape mi serviva, dunque, per sopperire al ridotto quantitativo di rafano. La recente "conversione" alla corretta quantità di rafano, in unione alla senape cremosa, mi pare di capire renda l'impasto un po' più umido. Intendiamoci, è ottimo; anzi, ho ricevuto segni di grande approvazione anche da chi aveva provato la versione "censurata e corretta" e quindi leggermente più secca. Diciamo che l'umidità interna consente di servire questo cake anche come componente di un aperitivo, senza necessità di salumi, giustificandone ancor più, il formato monoporzione.
Orbene, appena avrò l'opportunità di servirlo come pane, in mezzo ad altre qualità, credo che sostituirò la senape in crema con quella in polvere...."per vedere, di nascosto, l'effetto che fa......"
3) "Amico" rafano: utilizzatelo e non siate diffidenti. Ci sta divinamente e ve ne accorgerete all'assaggio!!
4) Cominciamo le operazioni di assemblaggio:  anche se avete la planetaria evitate di montarci il burro: 150 gr., sebbene in unione a senape e rafano, hanno un volume troppo esiguo e si disperderebbero sulle pareti della bowl senza dare il risultato richiesto. Per questo motivo sono solita montare il burro in un piccolo contenitore con l'aiuto delle fruste elettriche. Quindi, con  un leccapentole, trasferisco tutto in altro "conca" che possa raccogliere gli ingredienti successivi. Avendo la planetaria, usatela...
5) Una volta montato il burro, l'aggiunta dell'olio, se fatto lentamente ed a filo, non creerà problemi, la stessa cosa, a maggior ragione, vale per il sale.
6) Apriamo il capitolo uova (*). Per chi ha scarsa esperienza culinaria, come ne avevo poca io, prima di "arrampicarmi" su questa ricetta, l'aggiunta delle uova alla massa del burro può rivelarsi un'esperienza "angosciante": aggiungi un uovo e la massa si smonta.... Tristezza infinita, perdita di fiducia, accantonamento della ricetta.
Ho dovuto scavalcare muri di "omertà" perchè l'aggiunta della uova alla massa del burro montato è un argomento da istituto alberghiero e pare sia anche top secret... chi lo conosce, non ama divulgarlo ;-). Personalmente mi sono conquistata la risposta navigando, per tentativi, in  internet. Orbene, il segreto sta nell'operazione preliminare di "slegare" le uova mischiando tuorlo e albume. Il "nemico" in grado di seminare i maggiori danni è, infatti, l'albume che solo con fatica e lentamente si lascia inglobare alla massa senza provocarne lo sgonfiamento.
In ragione di ciò, dopo aver "slegato" le uova dentro ad un bricco del latte o anche in una caraffa, versatele, a più riprese  ed in quantità minima, sulla massa del burro e, ad ogni aggiunta, lasciate che l'uovo si incorpori perfettamente; dunque non aggiungete altro uovo sino a quando siano sparite le tracce dell'aggiunta precedente e la massa sia tornata ad essere gonfia e lucida, quasi come una maionese.
7) Ultimata l'operazione sopra descritta, il gioco è fatto! Si tratta di infarinare le carote preventivamente grattugiate, di unirle con delicatezza alla massa di burro e uova e, quindi, di insaporire con il.....
8) parmigiano. Il quantitativo indicato in ricetta rende il sapore di questo cake un po' rustico (troppo a mio giudizio) ma assolutamente idoneo ad accompagnare salumi e formaggi. Riducendolo, il sapore diviene decisamente più elegante e consente l'uso dei tortini in mono porzione anche  per un aperitivo. Si tratta solo di fare esperienza e decidere a misura dei propri gusti e necessità.
9) Per la cottura ho usato sia lo stampo da plumcake antiaderente che quello in silicone. Anche per la realizzazione del formato mini ho sperimentato entrambi i materiali: la mia preferenza è andata nettamente al silicone e non vorrei che la maggiore umidità dell'impasto, sperimentata negli ultimi tempi, dipenda, in parte, anche da questo tipo di cottura.
10) Forno a 180° per circa 20 min. per la cottura del formato mini; servono circa 40 min. per gli stampi grossi ma.....la prova stecchino non tradisce mai!

* dimenticavo: ho dato per scontato che le uova debbano essere imprescindibilmente a temperatura ambiente.....
 
Non siate diffidenti e provate!!!!
Giulietta