Ah...beh...con questa "idea" avrei dovuto partecipare da un contest proposto dalla Mediterranea Belfiore (www.mediterraneabelfiore.it).
Purtroppo non sono riuscita a partecipare perchè...il termine mi è sfuggito; è scaduto ed io non ho potuto mettermi a confronto con altri partecipanti.
Questo mese, infatti, mi ha vista impegnata su vari fronti, soprattutto lavorativi. Inoltre, relegata come è, nei fine settimana, la mia passione culinaria mal si accorda con week end trascorsi fuori casa o occupati da qualche altra attività.
Insomma, alla fine non ho trovato nè il tempo, nè la concentrazione per cucinare la Pappa al pomodoro, piatto della tradizione toscana.
Ne consegue che ogni rivisitazione possa suscitare sussulti scomposti in coloro che strenuamente difendono....la "tradizione".
Eppure la lettura di un libro di Massimo Montanari, docente di Storia medievale e Storia dell'Alimentazione all'Università di Bologna, mi ha fatto molto riflettere sul significato di "tradizione" nella cucina.
Gli studiosi concordano, infatti, nell'affermare che tali e tante sono le stratificazioni culturali e storiche che si sono accumulate nella cucina c.d. regionale che, anche in passato, nulla di certo vi è mai stato nella descrizione di una ricetta.
La stessa ricetta, infatti, passando di regione in regione, subiva modifiche conseguenti tanto alla diversità degli ingredienti reperibili, quanto alla cultura locale. Di passaggio in passaggio, di mano di massaia, in mano di altra massaia, quelle medesime indicazioni si adattavano alle circostanze ed ai luoghi, attribuendo sfaccettature nuove ad una vivanda che andava inesorabilmente animandosi con caratteristiche autonome sebbene, al contempo, continuasse a fregiarsi della qualità di "tradizionale".
Ma dove stava la tradizione? In Toscana piuttosto che in Umbria?. In Piemonte, piuttosto che in Liguria? In casa di Tizio piuttosto che in casa di Caio, dove magari era passato un cuoco che aveva attribuito il proprio volto a quel piatto?
Insomma - dice Montanari - la ricerca storica insegna l'impossibilità di certezze riguardanti l'originalità di una ricetta e questo vale, a maggior ragione, ai nostri giorni, laddove le tecniche di realizzazione, frutto della diversità degli strumenti e dei materiali con i quali sono costruiti, attribuiscono al piatto una consistenza inevitabilmente "non originale".
Persino i singoli ingredienti, pur conservando il medesimo nome, non sono più gli stessi: il trascorrere del tempo, unito alle diverse tecniche di coltivazione, hanno attribuito loro un diverso sapore.
Il nostro stesso substrato culturale non ci consentirebbe di apprezzare, con la medesima emozione sensoriale, un piatto realizzato con le modalità e con gli ingredienti dell'epoca.
Potremmo, al limite, comprendere in maniera del tutto razionale, che si tratta di una cucina di altra epoca, ma non saremmo in grado di apprezzarla emotivamente allo stesso modo dei nostri antenati.
Come afferma un testo italiano del trecento: "Per queste cose che dette sono (n.d.r. con riferimento ad una ricetta), il discreto cuoco potrà in tutte le cose essere dotto, secondo la diversità dei regni e potrà mangiari variare o colorare secondo che a lui parrà"
Insomma, le pagine sin qui compendiate e tratte dal libro di Massimo Montanari, "Il cibo come cultura", mi ha tolto le remore che sempre avvertivo di fronte alla rivisitazione di piatti regionali di tradizione ed al tempo stesso mi ha offerto una maggiore disponibilità alle sperimentazioni culinarie e sensoriali proposte da alcuni chef dei giorni nostri.
Detto questo, non penso affatto che le ricette c.d. di tradizione, vadano dimenticate. Ci sono sapori e profumi che ci emozionano perchè appartengono alla nostra infanzia ed è giusto mantenere in vita certi piatti sin quando potranno ancora vivere ed essere apprezzati, ma non facciamoci illusioni: il tempo li modificherà oppure non verranno apprezzati ulteriormente.
Io sono per una cucina su doppio binario: quella a noi familiare e quella che la rivisita proponendoci alternative e novità. Il tutto senza guerre e barricate di frontiera.
E' per questo che mi sono decisa ad accettare la sfida di una rivisitazione della "mitica" Pappa al pomodoro, nonostante la mia rielaborazione possa considerarsi di entità assai limitata: mi sono, infatti, mantenuta su sapori assolutamente classici anche se non proprio da Pappa.
Composto come è da pomodoro e pane, la stagionalità di questo piatto sarebbe quella estiva; individuata, tuttavia, una conserva di buona qualità, la sua realizzazione può offrire soddisfazioni in ogni momento dell'anno.
Ho dunque "creato" queste "pallotte" di pappa, come aperitivo e l'idea mi è venuta perchè mi diverte enormemente trovare soluzioni che consentano di "mangiare con le mani", cibi per i quali si è sempre dato per scontato, l'uso di una forchetta o di un cucchiaio, come in questo caso ;-)
Ho dunque "creato" queste "pallotte" di pappa, come aperitivo e l'idea mi è venuta perchè mi diverte enormemente trovare soluzioni che consentano di "mangiare con le mani", cibi per i quali si è sempre dato per scontato, l'uso di una forchetta o di un cucchiaio, come in questo caso ;-)
Ingredienti:
Per la pappa al pomodoro
200 g di polpa di pomodoro in scatola
60 g di pane toscano raffermo (senza crosta)
70 g di brodo vegetale
2 filetti di acciuga sotto sale
1 spicchio di aglio
1 cucchiaio di capperi sotto sale
1 limone
origano
tabasco
sale
pepe
olio extravergine di oliva
Dissalate i filetti di acciuga e pulite l'aglio.
Scaldate l'olio all'interno di una pentola in ghisa, oppure di coccio o, quanto meno, dal fondo spesso e fatevi soffriggere l'aglio, sciogliendovi al contempo uno o due filetti di acciuga.
Quando l'aglio comincia a friggere, toglietelo e versate in pentola la polpa di pomodoro. Salate leggermente (da ricordare che le acciughe sono salate) e, abbassata la fiamma, lasciate che la salsa si addensi.
Nel frattempo scaldate il brodo.
Quando la polpa si sarà addensata, versate in pentola il pane raffermo mescolando per amalgamarlo al pomodoro. Unite il brodo e lasciate cuocere a fiamma bassa sin quando non compare una leggera "pellicola". Verso la fine della cottura, regolate il sale ed eventualmente anche il pepe.
La pappa è pronta! Raccoglietela in un contenitore e quando al temperatura sarà scesa, chiudete il contenitore e riponete tutto in frigorifero per una notte intera in modo che la pappa si stabilizzi ed addensi ulteriormente.
Il giorno dopo, tritate i capperi e mischiateli alla pappa, insaporendo anche con un pizzico di origano, una goccia di tabasco e qualche goccia di limone.
Riponete ancora in frigorifero per una decina di minuti o sin quando non siete pronti per procedere alla impanatura e frittura.
Preparate gli ingredienti utili ad impanare secondo le indicazioni sottostanti*.
2 albumi d'uovo (medio)
40 g di farina 00
sale
pepe
pane grattato
olio di arachide**
Separate il tuorlo dall'albume e con l'aiuto di una forchetta, sbattetelo leggermente.
Appena è slegato, aggiungete la farina formando una pastella piuttosto consistente.
Con le mani leggermente inumidite prelevate un poco di impasto (pappa) e formate delle palline della grandezza di quelle utilizzate per giocare a golf. Passatele nella pastella densa di albume e farina e, successivamente, nel pane grattugiato.
Nel frattempo, all'interno di un tegame dai bordi alti, portate l'olio alla temperatura idonea a friggere e, quindi, tuffatevi le palline di pappa al pomodoro.
Una volta ben dorate, scolatele dall'olio e ponetele per qualche minuto su una carta assorbente,
Servitele calde o tiepide. In quest'ultimo caso potranno anche essere utilizzate quale aperitivo.
n.d.r.:
a) ** poichè l'obiettivo finale è quello di ottenere un alimento croccante e che abbia mantenuto la morbidezza interna . è necessario friggere ad una temperatura che si mantenga tra i 160° ed il 180 ° C.
Sotto questo punto di vista l'olio più idoneo è quello di arachide ma se vi fossero intolleranze, l'unico sostituto plausibile è quello extravergine.
b) Premesso che le modalità per cucinare una Pappa al pomodoro in versione "originale", sono quelle che avete letto sopra (con esclusione dell'uso del frigorifero dappoichè la Pappa si mangia calda o a temperatura ambiente), questi sono gli ingredienti classici:
pomodori (con o senza pelle - decidete voi)
pane toscano raffermo (con o senza crosta - decidete voi)
aglio (in abbondanza)
una decina di foglie di basilico
peperoncino
olio
sale
Soffritto l'aglio insieme al peperoncino e fatte appassire le foglie di basilico, si unisce il pomodoro a pezzi ed una volta addensata la salsa, vi si incorpora il pane lasciando sobbollire sino al quando si forma una "pellicola".
c) come modalità di impanatura ho pensato di seguire quella utilizzata per il "gelato fritto".
c) come modalità di impanatura ho pensato di seguire quella utilizzata per il "gelato fritto".